Adesso che l’occupazione americana in Afghanistan è giunta al termine, potrebbe essere utile ricordarsi di cosa ci raccontavano sul conflitto i documenti pubblicati da Wikileaks undici anni prima della presa di potere dei talebani
Alcuni mesi prima che Wikileaks diventasse un nome conosciuto in tutto il mondo, fino ad essere considerato uno dei più grandi casi di giornalismo investigativo della storia occidentale, il suo fondatore Julian Assange aveva già reso pubblico un documento molto importante.
Si trattava di un memorandum top secret destinato alla Cia che portava la data dell’11 Marzo 2010. Un documento in cui veniva analizzato in particolar modo il rischio che l’opinione pubblica di Francia e Germania si rivoltasse contro la guerra Afghanistan. In quel momento infatti, le due nazioni erano i principali alleati degli Usa, subito dopo l’Inghilterra, nella crociata post 11 Settembre contro il terrorismo. Il loro appoggio, le loro truppe, erano fondamentali per il governo americano. Un pericolo, quello che Francia e Germania abbandonassero gli Usa per compiacere le proteste interne, che però gli esperti ritenevano molto basso, come si evince leggendo il memorandum: “Lo scarso rilievo della missione in Afghanistan ha permesso ai leader di Francia e Germania di ignorare l’opposizione della gente e di continuare ad aumentare costantemente il numero delle loro truppe nella missione Isaf”.
Un primo assaggio del cinismo americano in una delle guerre più sanguinose e incomprensibili della storia recente dell’Occidente.
La vita di Julian Assange è stata semplicemente incredibile, come d’altronde lo è sempre quella di di chi si ritrova a nascere con un quoziente intellettivo fuori scala. Un celebre film americano ha tentato, sfruttando l’espressività(?!) di Cumberbatch, di rappresentarlo come un egoista ossessionato dal risultato: l’importante era distruggere il governo in questa sua personale crociata, dimostrare che era più furbo degli altri a qualunque costo, come se l’etica che lo portò a rovinarsi la vita fosse un semplice e vano pretesto per sfogare la sua ribellione e la sua instabilità psicologica.
Assange aveva 20 anni esatti quando per la prima volta le forze dell’ordine hanno bussato alla sua porta. Un ragazzo si, che però in quel momento era già un marito e un padre. Aveva violato il sistema informatico della “United States Department of Defense e venne accusato di attività informatiche illegali con ventiquattro capi di accusa, ma il giudice in quel momento ritenne i crimini di Assange il semplice frutto di esuberanza giovanile, e venne rilasciato poco tempo dopo per buona condotta e un multa di 2.100 dollari.
Alla fine degli anni ottanta diventa Mendax, pseudonimo con cui si unisce al movimento dei Sovversivi Internazionali, un gruppo di hacker tra i più importanti al mondo. Ma passerà un ventennio prima che questa sua voglia di giustizia lo porti alla creazione di Wikileaks, una piattaforma nata per raccogliere documenti segreti forniti in modo anonimo da privati cittadini.
In pochissimi anni, Wikileaks riesce a raggiungere un obiettivo che al momento della sua fondazione, sembrava semplicemente utopistico. Il primo vero scoop arriva nel 2007, anno della nascita della piattaforma creata da Assange: vengono pubblicati diversi documenti top secret che iniziano a mostrare al mondo la brutalità delle forze speciali americane: arrivano le prima informazioni sulla guerra in Afghanistan, dove vengono svelati gli equipaggiamenti militari di cui erano dotati i soldati, e altri che invece raccontano gli orrori del campo di prigionia di Guantanamo. Ma a finire sui giornali e prendersi le prima pagine è uno scandalo di corruzione che riguarda il primo ministro kenyota, inchiodato da alcuni documenti che dimostrano come questi abbia sottratto indebitamente dei fondi pubblici dalla casse dello Stato.
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L’anno dopo Wikileaks chiude per la prima volta: la pubblicazione di alcuni file segreti che rivelano le operazioni di riciclaggio, permisero a uno degli istituti finanziari coinvolti, la Julius Bar, di ottenere la chiusura del sito per diffamazione. Lo stesso giudice che ne stabilì la morte, ne autorizza la riapertura qualche mese dopo. Per nostra fortuna, perché due anni dopo arrivano gli Afghan War Logs e la storia americana cambia per sempre.
Nessun aveva mai raccontato, con questi dettagli e con queste fonti, le modalità con cui le milizie americane operavano in un contesto di guerra. Nessuno era mai riuscito a fotografare un istantanea della realpolitik americana in guerra in modo così articolato. Doveroso ripeterlo: in tutto, i documentati desecretati da Wikileaks superano quota 90mila.
Non bisogna poi nemmeno dimenticare il contesto. Nel 2010 si registrò la morte di circa cento soldati americani, uno dei numeri più alti dall’inizio della guerra, e i documenti pubblicati da Wikileaks mostrarono alle famiglie americane quanto il loro governo stesse sottovalutando nel conflitto l’offensiva talebana.
Cosa ci hanno mostrato gli Afghan War Logs che hanno cambiato la storia dell’America
Gli Afghan War Logs vengono pubblicati da Wikileaks il 25 Luglio 2010. Più di settantacinquemila report segreti sulla guerra in Afghanistan, la maggior parte dei quali scritti da soldati che si trovavano sul territorio in un periodo di tempo compreso tra il 2004 e il 2009. Per la prima volta, la guerra iniziata da George Bush viene raccontata dall’interno, senza filtri. Ogni report d’altronde era la fotografia di un momento diverso del conflitto. Per quanto questi documenti non contenessero al loro interno informazioni confidenziali di altro livello, il loro contenuto resta comunque devastante per il governo americano. In primo luogo perché spuntano dal nulla centinaia di civili innocenti uccisi durante il conflitto di cui nessuno conosceva l’esistenza.
Ma non solo, perché dai report desecretati dalla piattaforma di Assange si scopre anche che in Afghanistan, le forze speciali americane stavano conducendo una guerra segreta.
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Che gli Usa utilizzassero i droni era risaputo, ma attraverso questi documenti scopriamo come questi fossero custoditi in una base in Nevada e utilizzati per colpire qualsiasi parte del territorio, in particolar modo in quelle più difficilmente accessibili per i soldati. Scopriamo anche che le milizie americane non avevano poi così tanti scrupoli nell’uccidere degli innocenti, se questo permetteva loro di colpire al cuore i terroristi.
Fino ad arrivare a disvelare al mondo intero l’esistenza un’entità militare di cui nessuno aveva mai sentito parlare: la Task Force 373, un’unità speciale segreta che prendeva ordini soltanto dal Pentagono.
La sua missione era quella di uccidere gli esponenti di primo piano di Al Qaeda e dei talebani. E dai documenti, si evince come questo gruppo armato segreto decidesse in modo autonomo chi uccidere a seconda della convenienza. La Task Force 373 non andava tanto per il sottile. Uno dei resoconti Usa sul territorio racconta a un certo punto di un’ignobile strage americana: sette bambini uccisi durante l’attacco a un avamposto talebano, così come un blitz armate delle forze Usa Pensavano che al loro interno ci fosse Abu Laith al-Libi, uno dei massimi esponenti di Al Qaeda. Non c’era, e in quell’operazione di guerra targata Usa trovarono invece la morte sette poliziotti afghani.
Nei file naturalmente si parlava anche di attacchi talebani alle forze americane mai conosciuti in precedenza e su questo aspetto ci fu un’informazione che più di altre mostra il contrappasso subito dall’America nella lotta al terrorismo. Nei documenti si parla infatti del fatto che i talebani avessero in loro possesso dei missili terra aria incredibilmente simili a quegli stessi Stinger che la Cia aveva venduto venticinque anni prima ai mujaheddin per aiutarli a sconfiggere i sovietici.
Per quanto riguarda i droni, dai report emergeva come fossero armi infinitamente meno infallibili di ciò che si ritenava: diverse volte infatti le truppe americane furono costrette ad effettuare improvvise operazioni di recupero. Alcuni droni si schiantavano sul territorio senza aver portato a termine la missione, e a quel punto era fondamentale recuperarli prima che arrivassero nelle mani del nemico.
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L’importanza storica degli Afghan War Logs non può forse ancora essere compresa del tutto, nemmeno adesso che da spettatori assistiamo alla fine dell’occupazione americana del territorio afghano, e il fallimento Usa si erge ai nostri occhi in tutta la sua drammaticità.
Un giornalista una volta chiese ad Assange come si fa a creare una realtà di giornalismo investigativo così efficiente, in grado di far tremare i governi di tutto il mondo. Il fondatore di Wikileaks ribaltò la prospettiva con estrema intelligenza, e con quella rabbia che l’ha sempre contraddistinto. È stato lui, ad essere più bravo degli altri? O semplicemente i giornalisti mainstream hanno smesso di fare il loro lavoro ormai da qualche decennio? Ci voleva Wikileaks per mostrare al giornalismo investigativo americano, che vanta una tradizione ormai secolare e per certi versi iconografica nel resto del mondo, come avere accesso a questi documenti segreti?
Julian Assange si è forse ritrovato a pensare da giornalista investigativo ancora prima di diventare un hacker. La sua insoddisfazione per il mondo in cui viveva, è palese in ogni progetto a cui ha preso parte fin da giovanissimo. Qualunque giudizio postumo ci fornirà la storia su quest’uomo e il suo operato, Assange ha comunque un merito impossibile da contestare persino per i suoi detrattori: ha mostrato all’umanità che i nostri governi possono mentirci per il semplice fatto che non abbiamo troppa voglia di smascherarli.