Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha parlato alla nazione dalla Casa Bianca a quasi 24 ore dall’annuncio della partenza dell’ultimo soldato americano dall’Afghanistan. E’ sembrato un Joe Biden risoluto ad assumersi le proprie responsabilità e a difendere la scelta del ritiro. Sulle modalità, Biden ha posto l’accento sullo sforzo compiuto per portare a casa il maggior numero di americani possibile in così poco tempo. E i circa 200 statunitensi rimasti in Afghanistan? Continueremo a lavorare per permettere loro di rientrare, se lo vorranno, dice Biden.
A quasi 24 ore dal completamento del ritiro dall’Afghanistan, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, parlando dalla Casa Bianca, si è rivolto alla nazione per suggellare con le sue parole (e le sue giustificazioni) un momento storico dall’importanza notevole: dopo vent’anni gli Usa hanno posto fine all’occupazione dell’Afghanistan, e lo hanno fatto in un clima di confusione generale, escalation di violenze e minacce di attacchi terroristici che ha sconvolto afghani, americani e comunità internazionale. Ci sarà da esaminare le cause di quella che è stata definita da diversi commentatori una debacle statunitense, ci sarà da elaborare la portata tragica di quanto avvenuto. Ci sarà tempo per pensare analiticamente a quanto successo, ma il tempo della comunicazione politica è l’ora, l’oggi.
Così Joe Biden, additato dai repubblicani e da alcuni democratici come causa della disfatta, ha dovuto imprimere la propria visione su quanto avvenuto, prima che attecchisse la visione antagonista. Così Biden ha innanzitutto difeso la necessità del ritiro: “Non avevo intenzione di prolungare questa guerra eterna. E non avevo intenzione di prolungare una uscita infinita“. La decisione è parte, sembrerebbe, di un cambio di rotta radicale degli Stati Uniti in politica estera: l’uscita dall’Afghanistan segna “la fine dell’era delle grandi operazioni militari per cambiare altri Paesi“. D’ora in poi le missioni dovranno avere “obiettivi chiari e raggiungibili“.
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E’ la fine di un’era, ribadisce Biden. Ma cosa vuol dire esattamente? E quale sarà la nuova era Usa? “Il mondo è cambiato, siamo in competizione continua con la Cina, siamo in sfida con la Russia, e non c’è cosa che loro vorrebbero di più del fatto che noi restassimo impantanati in Afghanistan per altri 10 anni. Un presidente deve difendere l’America non contro le minacce del 2001 ma contro le minacce del 2021 e del domani“. Insomma, Biden conferma quanto già evidenziato da diversi commentatori: in un modo che vede la Cina avanzare a passi da gigante verso l’Occidente, gli Stati Uniti – che pensavano di aver conquistato il mondo post-Guerra Fredda – devono ora concentrarsi su se stessi, riorganizzare le loro priorità per competere con il gigante cinese prima che sia troppo tardi.
Eppure, Biden ammette anche un’altra evidenza: le sfide di ieri, della vecchia era, non sono totalmente vinte, anzi. Le minacce terroristiche oggi persistono e sono “in Somalia, gli affiliati ad Al Qaeda, l’Isis in Siria e in Iraq, e in Africa”, ma “mi rifiuto di continuare una guerra che non rispondeva più ad un interesse nazionale vitale“. Tuttavia, secondo Biden le vecchie minacce possono essere affrontate con nuove strategie, anche perché “questo è un mondo nuovo dove il rischio terroristico è metastatizzato“, radicato in luoghi diversi del mondo: “Non dobbiamo lottare sul posto, possiamo combattere senza soldati sul posto o con pochi soldati sul posto“. E in quest’ottica si rivolge all’Isis-K: “Non abbiamo finito con voi. Come comandante in capo la nostra strategia sarà precisa e mirata“.
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Bene, si penserà, in questo modo Biden difende la scelta del ritiro, ma cosa dice per difendere la modalità di questo ritiro tanto caotico, tanto violento? Per Biden il ritiro dall’Afghanistan è stato gestito nell’unico modo possibile, un ritiro massiccio e preventivo dal Paese avrebbe semmai inasprito la guerra civile e l’avanzata dei talebani. L’invio dei seimila rinforzi faceva parte di un piano studiato in precedenza, “eravamo pronti quando gli afgani hanno visto il loro governo collassare e il presidente scappare“, ribadisce Biden, anche se “ci aspettavamo che il governo afghano sarebbe stato in grado di reggere“.
Poi Biden passa a difendere la massica operazione di rimpatrio effettuata dagli Stati Uniti in un aeroporto di Kabul preso d’assedio dalla folla terrorizzata e, nella fase finale, dai missili Isis-K. Anche qui: si poteva fare di meglio? Gli statunitensi, i contractor afghani potevano essere messi in salvo prima che si scatenasse il caos? La base aerea statunitense di Bagram chiusa a luglio poteva essere utilizzata come luogo in cui far convergere un ritiro più ordinato? Tante le perplessità lasciate in sospeso, alle quali Biden al momento risponde ponendo l’accento sul grande sforzo di evacuazione dispiegato in piena emergenza: “Abbiamo completato uno dei più grandi ponti aerei della storia con oltre 120.000 persone evacuate in sicurezza. Quel numero è più del doppio di quello che la maggior parte degli esperti pensava fosse possibile. Nessuna nazione ha mai fatto qualcosa di simile in tutta la storia. Solo gli Stati Uniti avevano la capacità, la volontà e la capacità di farlo. Lo abbiamo fatto oggi. Lo straordinario successo di questa missione è dovuto alle incredibili abilità e coraggio dell’esercito degli Stati Uniti e dei nostri diplomatici e professionisti dell’intelligence“.
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Eppure, è innegabile che ci siano state delle mancanze, dai circa 200 statunitensi rimasti bloccati in Afghanistan alle decine di migliaia di collaboratori afghani lasciati nelle mani dei talebani. Per questo si sono moltiplicate le richieste per prolungare i tempi di ritiro dall’Afghanistan oltre la data del 31 agosto, richieste di fronte alle quali Biden è stato irremovibile: “La scelta era tra lasciare l’Afghanistan o prolungare questa guerra. E io non avevo alcuna intenzione di prolungare una guerra infinita. E il modo più sicuro per far uscire americani e altri cittadini era non continuare con i 6 mila soldati sul posto ma farli uscire con mezzi militari. Il mio predecessore il 1° maggio scorso ha firmato un accordo con i talebani, il 31 agosto non era un data arbitraria, ma una data per salvare vite americane“, ha sottolineato. “Ci era stato assicurato che se avessimo lasciato l’Afghanistan, i talebani non avrebbero toccato le forze Usa, se non avessimo rispettato questa data qualcosa sarebbe successo“.
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Infine, a proposito degli americani bloccati in territorio afghano, Biden rassicura: per gli americani che hanno scelto di restare (ma è stata veramente una scelta?) “non c’è alcuna scadenza: noi ci impegniamo a portarli via se vogliono venire via e Blinken continua a fare sforzi diplomatici per assicurare il passaggio di chi vorrà andare via. Riteniamo che tra i 100 e 200 americani siano rimasti in Afghanistan, alcuni vogliono partire e alcuni hanno la doppia cittadinanza. Il 90% degli americani che volevano partire sono partiti“. D’altro canto, sottolinea Biden, i talebani hanno assicurato di non ostacolare chi ha diritto di espatrio: la comunità internazionale “si aspetta che i Talebani lascino libertà di uscita e intendiamo fare in modo che i talebani mantengano questa promessa. I Talebani si sono impegnati pubblicamente ad assicurare il passaggio sicuro per chi volesse andare via, inclusi quelli che hanno lavorato per gli Usa, e noi abbiamo preso sul serio queste parole. Noi non ci fidiamo di loro ma ci fidiamo delle loro azioni, e abbiamo molte cose per convincerli a rispettare l’accordo“. Resterà da capire come accertare il mantenimento della promessa, una volta che le telecamere sull’Afghanistan si spegneranno.
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