A fornire un quadro della situazione in Afghanistan per i bambini è Save the Children, che riporta: in Afghanistan, negli ultimi 20 anni, sono quasi 33.000 i bambini uccisi e mutilati. La media è di un bambino ogni cinque ore. A questi numeri andrebbero aggiunte le vittime non ufficiali, i minori morti per fame, povertà e malattie dilaganti in periodo di guerra.
In Afghanistan si chiude il lunghissimo ciclo di occupazione statunitense durato vent’anni, il ritiro delle truppe Usa è ormai stato completato e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha parlato alla nazione difendendo la scelta del ritiro: “Non avevo intenzione di prolungare questa guerra eterna. E non avevo intenzione di prolungare una uscita infinita“. Ma cosa resta in Afghanistan? Analisti e commentatori cercano di fare un bilancio degli ultimi vent’anni, da un punto di vista politico, economico e umano. E proprio sul piano umano, Save the Children – l’Organizzazione internazionale impegnata nel salvare i bambini a rischio – fa sapere che il bilancio relativo alle perdite tra i bambini è impietoso: negli ultimi 20 anni sono stati quasi 33.000 i bambini uccisi e mutilati. La media è di circa un bambino ogni cinque ore. E questi numeri, tra l’altro, non tengono conto delle vittime “non ufficiali”, i minori morti per fame, povertà e malattie legate alla guerra.
La situazione, inoltre, potrebbe peggiorare: in Afghanistan quasi 10 milioni di bambini dipendeva dagli aiuti umanitari, indispensabili per fronteggiare crisi economica, siccità, Covid-19, conflitti. Già prima di conoscere le evoluzioni tragiche del ritiro americano e della vittoria dei talebani, si prevedeva: quest’anno la metà dei bambini con età inferiore ai 5 anni avrebbe sofferto di malnutrizione acuta. Ora, la situazione di crisi potrebbe deragliare definitivamente con la ritirata degli Stati Uniti: ”La cruda verità è che insieme agli ultimi aerei militari lasceranno il paese anche l’attenzione, la copertura mediatica e il supporto che l’Afghanistan ha ricevuto nelle ultime settimane. Ma mentre il resto del mondo va avanti, milioni di bambini afgani andranno a dormire affamati, soffrendo e senza sapere cosa riserva loro il futuro”, dichiara Hassan Noor, direttore regionale di Save the Children per l’Asia.
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Save the Children: in Afghanistan “uno scenario infernale”
Sofferenze che potrebbero aggravare la situazione già drammatica di un popolo piagato da decenni: “Ogni bambino nato e cresciuto in Afghanistan non ha conosciuto altro che il conflitto e ha vissuto con la certezza che gli esplosivi potessero esplodere in qualsiasi momento o che le bombe potessero cadere dal cielo. Hanno visto i loro fratelli morire di fame, di povertà o per malattie”. E come se non bastasse, la realtà afghana è in costante peggioramento per le ultime escalation di violenza: “In questo momento migliaia di famiglie che sono state costrette a fuggire dalle loro case vivono all’aperto senza nemmeno una coperta per proteggersi dal rigido inverno che li attende. Uno scenario infernale che sta avendo luogo davanti ai nostri occhi”.
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L’unico modo per ridurre le perdite, ribadisce Hassan Noor, è tenere acceso l’occhio della comunità internazionale, continuare a inviare aiuti, non abbandonare il popolo afghano a un inferno senza fine: ‘‘L’esercito ha lasciato il Paese, ma chiediamo urgentemente alla comunità internazionale di rimanere e sostenere i bambini in Afghanistan con cibo, acqua pulita, riparo e istruzione perché se questo non accadrà gli sforzi degli ultimi 20 anni saranno davvero stati vani. Esortiamo la comunità internazionale a continuare a sostenere il lavoro delle Omg nazionali e internazionali nel loro lavoro vitale per raggiungere i più vulnerabili, comprese le decine di migliaia di famiglie che hanno lasciato l’Afghanistan. Chiediamo, inoltre, alle nuove autorità di garantire alle organizzazioni umanitarie un accesso sicuro, senza restrizioni e incondizionato per supportare chi ha più bisogno il prima possibile”. E tutto questo va fatto il prima possibile, perché “i bambini e le loro famiglie in Afghanistan devono affrontare la siccità, il Covid-19 e un rigido inverno: non c’è tempo da perdere”.