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Politica

I grillini di Conte: ecco cosa aspettarsi dal nuovo Movimento 5 Stelle

Un partito senza identità e in crollo di consenso. Ma occhio a darli per morti: i grillini sono disposti a fare di tutto e stare con tutti

Quale futuro possiamo immaginare per il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte in quella che si prospetta come una delle stagioni politiche più movimentate di sempre? Mentre gli altri partiti sono già in rampa di lancio per la chiusura della campagna elettorale per le amministrative e preparano le strategie in vista dell’elezione del nuovo Capo dello Stato e delle prossime politiche, i pentastellati hanno da poco chiuso i conti in modo non proprio semplice con Davide Casaleggio e i suoi, senza contare la guerra interna tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo che ha logorato profondamente amicizie e correnti interne.

L’ex-Presidente del Consiglio è quello che appare più ridimensionato con l’arrivo dell’autunno. Potrebbe sembrare paradossale visto che ha finalmente ricevuto l’incarico di capo politico del Movimento e ottenuto l’approvazione dello statuto, ma subisce un forte calo di consenso, inevitabile se si pensa alla popolarità ottenuta in maniera tanto repentina in pochissimi anni. Conte inoltre appare anche privo di una strategia credibile e condivisa da presentare agli elettori.

La sua uscita sulla possibilità di dialogare con i talebani dopo il loro ritorno al potere in Afghanistan, è stata smentita da Luigi Di Maio in persona su richiesta di Mario Draghi, segno che all’interno del M5S non viene discussa alcuna linea politica. E la conferma viene dalle critiche espresse verso i Decreti Sicurezza da Conte in una (troppo servile persino per quello a cui ci ha abituati) intervista rilasciata al Corriere della Sera. Qui Conte non solo finge di avere dimenticato del tutto furono approvati durante il suo primo Governo, ma anche che furono rivendicati dallo stesso ex-premier e presentati alla stampa con tanto di cartelli e foto.

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24 settembre 2018, Conte (allora Presidente del Consiglio) e Matteo Salvini (allora ministro dell’Interno) presentano alla stampa i Decreti Sicurezza – meteoweek

Nell’intervista poi il capo del M5S si lascia andare allo sport preferito dai grillini da quando si è sciolto il Conte I e l’alleanza con la Lega: la critica incondizionata a Salvini. Conte addossa tutte le “colpe” dei decreti al leader del Carroccio, affermando di avere agito come da padre saggio nel tentativo di dissuaderlo. “Già quando era un mio ministro cercai di fargli capire che un problema così complesso non si affronta con demagogia, facendo la voce grossa in televisione, sui giornali e sui social – afferma Conte -. Gli chiesi, senza successo, di migliorare il sistema dei rimpatri, ma non ci riuscì pur avendo i pieni poteri di ministro. Avrebbe dovuto lavorare con costanza nella cornice europea, dove non è mai stato troppo presente. Senza contare che i decreti sicurezza hanno messo per strada decine di migliaia di migranti dispersi per periferie e campagne. L’eliminazione della protezione umanitaria ha impedito a molti migranti di entrare nel sistema di accoglienza e ad altri di farli uscire in quanto non aventi più titolo, con il risultato che migliaia di migranti sono diventati invisibili. Insomma, Salvini da ministro dell’Interno sui rimpatri e sull’immigrazione ha fallito. È un dato di fatto”. Una giravolta gigantesca, ma che non stupisce più di tanto visto ciò a cui Conte e M5S ci hanno abituati dopo il 2018.

I RAPPORTI CON GLI ALLEATI

Alleati interni ed esterni sono forse il problema più grande per il M5S. Conte rassicura che i rapporti con Beppe Grillo sono buoni, sebbene l’ex-comico lo avesse esplicitamente definito incapace di guidare il Movimento. “Con Grillo ci siamo sentiti e confrontati anche in questi ultimi giorni. Il rapporto è buono” dice. Se all’interno del partito molte divergenze sono state appianate è solo perché la crisi di consenso del M5S appare irreversibile e aprire la stagione dei tradimenti sarebbe controproducente. Ma di far fuori Conte qualcuno ci ha provato, in primis Beppe, con il supporto di non pochi eletti ed esponenti. Al momento tutto tace, ma il fuoco cova sotto la cenere e se Conte non riuscirà a risollevare il Movimento, rischia di essere fatto fuori dai suoi stessi compagni.

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Discorso simile anche nel rapporto con il Partito Democratico. Se Zingaretti lo aveva incoronato capo della coalizione di centrosinistra (senza alcuna consultazione di base e dirigenti del Pd), Letta ha sì stretto un patto con Conte e il M5S, ma senza vincoli particolari. Tanto che in molte votazioni amministrative i due partiti andranno soli, salvo poi riallearsi ai ballottaggi qualora convenisse a entrambi. Per esempio alle comunali a Roma dove il M5S appoggerà Virginia Raggi ma è pronto a votare Roberto Gualtieri qualora dovesse raggiungere il ballottaggio, un obbiettivo che appare attualmente molto lontano per l’attuale sindaca della Capitale. Discorso simile per Milano con Beppe Sala al posto dell’ex-ministro dell’Economia.

LA MINACCIA DI FUORISCITI ED ESPULSI

Ma il pericolo più grande per il M5S di Conte arriva dagli ex. Il 3 settembre è fissato l’appuntamento per l’annuncio del nuovo partito “Parola agli Attivisti“, presieduto dalla consigliera regionale del Lazio Francesca De Vito. “Siamo finiti bolliti come la rana, sciolti e inghiottiti inesorabilmente nelle fauci del Pd – dice De Vito -. Ormai ciò che era un sogno si è frantumato davanti ai personalismi ed alla volontà di creare un ‘partito’ dove c’era un progetto sociale prima che politico, che metteva i cittadini al vertice di una piramide rovesciata”. La consigliera è convinta di riuscire a riunire tutti coloro che non fanno più parte del M5S: “Ora tutta questa rabbia va convogliata in un processo democratico dove i principi ed i programmi che ci avevano resi diversi tornino a essere rispettati“.

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Gli ex-M5S sono quindi pronti e agguerriti, hanno nomi conosciuti e sono stati parte importante del progetto che ha portato il Movimento al governo: Lezzi, Di Battista, Morra, Villarosa sono solo alcuni degli esponenti che non hanno intenzioni di ritirarsi e lasciare il campo a Conte. Senza contare le frange più estreme e agitate come Sara Cunial, espulsa per le sue posizioni ostinatamente anti-vacciniste ma che gode di grande popolarità soprattutto tra i no-vax che sono stati una fetta consistente dell’elettorato grillino. Tutto questo non può che convertirsi in una perdita di consenso che rischia di diventare catastrofe elettorale qualora gli ex scegliessero la strada di puntare fortemente il fuoco verso il M5S additandolo come “traditore”.

Un gazebo del M5S preso d’assalto a Milano dai no-vax al grido di “traditori” – meteoweek

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“PURCHE’ SE MAGNA”

Cosa aspettarsi quindi dal M5S in questa annata? Facile prevedere, come detto, un ulteriore crollo di consenso sia per Conte che per il Movimento, ma occhio a darli per morti. L’ex-premier così come Di Maio e gli altri esponenti rimasti a cavallo del Governo, sono disponibili ad allearsi con chiunque e rimangiarsi qualunque cosa pur di ottenere voti e posizioni di potere. Intanto Conte mette le mani avanti, cosciente che dalle amministrative usciranno sconfitti: “Il risultato di questo voto non potrà essere significativo per il Movimento, visto che il nuovo corso non ha ancora potuto dispiegare i suoi effetti. Quindi non potrà essere questo un banco di prova. Ma la faccia io ce la metto sempre“.

Con Conte i grillini sono definitivamente passati da rivoluzionari da operetta a veri e propri democristiani trasformisti e i loro voti fanno gola a molti, in primis al Pd che ha bisogno di alleati di un certo peso elettorale. “O Franza o Spagna, purché se magna” diceva nel ‘400 lo storico fiorentino Francesco Guicciardini, una caratteristica che ha sempre contraddistinto gli italiani: stiamo con chiunque, ci affidiamo a una o all’altra parte, a seconda della convenienza, purché ci sia posto al potere anche per noi. Una definizione perfetta per il Movimento 5 Stelle.

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