Non solo Vanessa Zappalà: da inizio anno sono state 38 le donne uccise da un amore malato

Roberta Siragusa, Victoria Osagie, Teodora Casasanta, Sonia Di Maggio, Lidia Peschechera, Vanessa Zappalà e molte altre: dall’inizio dell’anno, sono state 38 le donne uccise da un amore malato.

Sono tutti scritti in un diario, le paure, le malinconie e i timori di Vanessa. Un bloc-notes in borsa, una penna sempre con sé e le tracce di un incubo lasciate sparse qua e là su pagine macchiate di dolore. Lei, Vanessa Zappalà, è una delle donne la cui vita è stata spezzata per sempre dalla follia e dalla persecuzione di Tony Sciuto, il suo ex fidanzato. L’uomo la perseguitava da tempo, fino a quando non l’ha raggiunta sul lungomare di Acitrezza dove l’ha uccisa con 7 colpi di pistola, per poi togliersi la vita impiccandosi. Una fine che, sicuramente, Vanessa non avrebbe voluto ma che, forse, sapeva le sarebbe toccata in sorte.

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Aveva paura, così tanta da chiedere aiuto alle amiche e da rivelare i suoi timori ai genitori. Si era rivolta anche alle istituzioni, le stesse che dovrebbero salvare, aiutare, fare la loro parte. A carico di Tony Sciuto c’erano ben due denunce per stalking, che la ragazza aveva trovato il coraggio di lasciare, tra minacce e inseguimenti del suo ex. “Dopo la denuncia ai carabinieri continua a seguirmi. Sono in ansia, ho paura”, scriveva la 26enne sul suo diario quando ancora poteva tenere traccia dei suoi tormenti. Gli appunti sono il resoconto di attimi di vita disperati: “9.45, 10.35, 13.05, 17.40, 19, 20.13. Continua a seguirmi”. Poi, alcune strade di Trecastagni: “Via Sebastiano Consoli, via Crispi, via Antonio Ludovico Muratori, via Madre Teresa di Calcutta, via Madonna dell’Aiuto”. E’ in quelle strade e a quegli orari che Vanessa ha iniziato a perdere il respiro, ancor prima di essere uccisa. La sua vita si era già interrotta allora, quando la persecuzione non le ha lasciato scampo.

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Un diario della disperazione 

Un diario della disperazione, che sa di morte e di amarezza. Amarezza, già; perché il grido di Vanessa non è stato affatto represso, nascosto o taciuto. La ragazza, 26 anni, ha fatto esattamente ciò che viene detto di fare a chi, ogni giorno, subisce violenza o rimane succube di persecuzioni e di stalking: ha denunciato. Ma le denunce non sono servite, il colpevole non è stato assolto e la vittima è perita ugualmente. La domanda è , allora: poteva essere salvata? Poteva trovare conforto e soccorso nella giustizia? Poteva essere ancora viva? L’assurdità della vicenda di Vanessa è che, se la legge non aiuta, allora quale speranza c’è, per queste donne?

Queste donne: nel 2021 sono state 15.128 contro le 8.427 del 2019 a chiamare il 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza sulle donne e lo stalking, Nell’anno della pandemia, le richieste sono aumentate del 79,5% secondo l’Istat, che ha portato i numeri nello studio “Le richieste d’aiuto durante la pandemia” . Il boom nei contatti è iniziato dalla fine di marzo, con picchi ad aprile e a maggio. Nella settimana tra il 23 e il 29 novembre del 2020 le chiamate sono più che raddoppiate, con un aumento del +114,1% rispetto al 2019. Tra le forme di violenza, le utenti hanno segnalato quella psicologica, oltre quella fisica. Aumenta la quota di donne under 24 anni (11,8% nel 2020 contro il 9,8% nel 2019) e di quelle over 55 (23,2% contro 18,9%). Se le mura domestiche sono state, durante la pandemia, il luogo privilegiato per il consumo di femminicidi, spesso è la strada a rappresentare un pericolo. Lo stalking, infatti, è un fenomeno in aumento che la recente legge sul Codice Rosso avrebbe dovuto cercare di regolare.

38 femminicidi da inizio anno

Vanessa, è l’ultima di molte. Da inizio anno sono stati 38 i casi di femminicidio in Italia. Il 16 gennaio è morta Victoria Osagie, 34 anni, uccisa dal marito all’interno della propria casa, a Concordia Sagittaria, in provincia di Venezia. Poco dopo, il 24 dello stesso mese, è deceduta Roberta Siragusa, di soli 17 anni. Il suo cadavere, parzialmente carbonizzato è stato ritrovato a Caccamo, in provincia di Palermo, all’interno di un burrone. Ad ucciderla, il fidanzato 19enne. Nella notte tra il 28 e il 29 gennaio, è deceduta invece Teodora Casasanta, 39 anni, uccisa insieme al figlio Ludovico, di soli 5 anni, da suo marito e padre del bimbo. 8 le donne uccise a febbraio: sono Sonia Di Maggio, 29 anni, aggredita dall’ex compagno; Luljeta Hestha, 47 anni, uccisa dal suo convivente, un connazionale di 43 anni; Piera Napoli, 32 anni, madre di 3 figli uccisa dal marito; Ilenia Fabbri, 46 anni, uccisa dall’ex marito; Lidia Peschechera, 49 anni, uccisa nella vasca da bagno; Clara Ceccarelli, 69 anni, uccisa con trenta coltellate; Deborah Sartori, uccisa con un’ascia; Rossella Placati, 50 anni, uccisa dal compagno.

Il 14 marzo, a Napoli, Ornella Pinto è stata uccisa con 12 coltellate al torace. 40enne, ad ucciderla è stato Giuseppe Iacomino, 43 anni, che, dopo averla aggredita, è fuggito in auto per poi costituirsi. Il 18 aprile, la 51enne Gezim Alla è stata colpita con un martello dal marito davanti agli occhi dei figli. Nell’elenco compaiono anche Elena Raluca Serban, 32 anni; Tina Boero, 80 anni; Annamaria Ascolese, colpita dai proiettili esplosi dall’arma di ordinanza del marito; Saman Abbas, uccisa dai parenti; Silvia Del Signore, 59 anni. Chissà quante, sono rimaste sommerse alle cronache. Chissà quante, anche ora, stanno perendo, scappando o chiedendo aiuto. Tragedia dopo tragedia, la situazione sembra rimanere invariata. Un elenco interminabile, respiri silenziosi e una giustizia che, spesso, rimane a guardare.

“Fiducia nella giustizia”

Così, si dispera oggi la madre di Vanessa Zappalà, l’ultima in ordine di tempo di queste donne. “Aveva fiducia nella giustizia”, dice oggi la madre della ragazza. Il maresciallo Marcì, da cui la ragazza si era recata per chiedere aiuto, si complimentò con Vanessa per la precisione delle annotazioni e, solo pochi giorni dopo, inseguì Sciuto e lo arrestò in flagranza sollecitato dalle richieste di aiuto della ragazza. Era l’8 giugno: ma il 12 lo stalker era già libero, con il solo divieto di avvicinarsi alla vittima, nonostante la richiesta di arresti domiciliari sollecitata dalla procura al gip. Da allora, era sparito lasciando l’illusione che si fosse finalmente allontanato e arreso.  Ma così non è stato. “Evidentemente nei due mesi successivi ha maturato la decisione di uccidere mia figlia e di uccidersi. Quell’uomo aveva pianificato tutto, ne sono sicuro, continuava ad essere accecato dalla gelosia. Abbiamo scoperto che aveva piazzato un Gps sotto l’auto di Vanessa. E, poi, era riuscito a intrufolarsi nel giardino di casa nostra, per sentire cosa dicevamo, attraverso un tubo“, ha detto invece il padre della vittima che ora chiede, una volta per tutte, che venga fatta giustizia.

 

 

 

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