“Le donne non perderanno nulla”, dicono i talebani. Ma i fatti li smentiscono

Mentre la comunità internazionale cerca un punto di incontro per confrontarsi con i talebani – anche in tema di diritti – dall’Afghanistan si prova a mantenere quel volto di moderazione con cui si sono presentati i talebani 2.0: “Le donne devono avere gli stessi diritti che hanno nel vostro Paese, ma con un hijab“, dice ora Suhail Shaheen, un portavoce dei Talebani, parlando a Sky News da Doha. Eppure, i racconti dal territorio dicono altro. 

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MeteoWeek.com (Photo by Paula Bronstein/Getty Images)

L’emirato islamico non vuole che le donne siano vittime, dovrebbero essere nelle strutture di governo, sulla base di quanto prevede la Sharia”: è stata questa una delle primissime frasi attribuite a un membro di punta dei talebani afghani, una frase che può suonare in due modi diversi, a seconda di dove si pone l’accento: nella prima parte apre, almeno a parole, a un atteggiamento di moderazione nei confronti della soppressione dei diritti del genere femminile, un atteggiamento che ad esempio è stato colto al balzo da Giuseppe Conte; eppure, la musica cambia se si presta attenzione alla seconda parte della frase: le donne “dovrebbero essere nelle strutture di governano sulla base di quanto prevede la Sharia“. Una specificazione ambigua, che però ci dice già qualcosa: le donne saranno integrate nella società solo se rispetteranno una clausola dai contorni ancora molto ambigui, visto che la Sharia non è applicata in maniera omogenea in tutti i Paesi islamici. E questo è già un primo motivo di preoccupazione.

Nuove rassicurazioni, nuove clausole

Poi ci sono i fatti, i racconti delle afghane fuggite o rimaste sul territorio, il clima di terrore nel quale sono piombate le attiviste del luogo. Eppure, i talebani ci riprovano e il portavoce dei talebani Suhail Shaheen dice a Cgtn Europe da Doha: le donne “non perderanno nulla. Solo se non indosseranno l’hijab. Le donne devono avere gli stessi diritti che hanno nel vostro Paese, ma con un hijab“. Un’altra promessa, un’altra clausola. Poi ancora: “Le insegnanti hanno ripreso il lavoro. Non hanno perso nulla. Le giornaliste hanno ripreso a lavorare. Non hanno perso nulla“. E i racconti sulle irruzioni in casa, sugli archivi delle attiviste bruciati, sui rastrellamenti? “Molte notizie diffuse dai nostri avversari affermano cose che non si basano sulla realtà”, taglia corto il portavoce dei talebani.

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Le testimonianze

Eppure, le testimonianze delle donne rimaste raccontano una realtà diversa. Shabnam Khan Dawran, anchorwoman della Rta (la Radio Televisione afghana), ha denunciato: “Volevo tornare al lavoro, ma purtroppo non me lo permettono. Mi hanno detto che il regime è cambiato e non posso lavorare”. Una denuncia molto simile è arrivata qualche giorno fa anche da Khadija, un’altra giornalista dell’emittente. La scusa utilizzata è sempre la stessa: c’è un nuovo regime, le linee guida cambieranno, nel frattempo i talebani fermano le lavoratrici all’ingresso. In un’altra testimonianza, postata dalla giornalista Masih Alinejad, due donne afghane denunciano di esser state bloccate all’ingresso dei loro uffici nonostante indossassero l’hijab. Movente? Il nuovo governo deve ancora insediarsi, si attendono nuove direttive. Tutto questo è stato spiegato loro senza guardarle in volto, girando lo sguardo verso un uomo di passaggio. Ma le donne invitano ad alzare la testa: “I talebani saranno anche gli stessi di vent’anni fa, ma gli afghani no“, chiosa una delle due.

 

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Le ambiguità

Un invito alla mobilitazione che appare urgente, prima che la Sharia a firma talebana assuma contorni netti anche in Afghanistan. La Sharia di solito varia da regione a regione e consiste in un insieme di regole stabilite, di volta in volta, sulla base di due fonti scritte: il Corano e la Sunna (l’insieme degli atti e dei detti di Maometto). Essa assume un peso rilevante, anche penale, soprattutto negli stati teocratici, soprattutto in Arabia Saudita, Iran e Pakistan. In Arabia Saudita, ad esempio, il Corano è una fonte di riferimento per l’attribuzione o la compressione di diritti. E per Corano si intendono anche le sue interpretazioni che si sono imposte con più forza.

In Arabia Saudita, il Paese che sta affrontando “un nuovo Rinascimento” (come ebbe a dire un noto politico italiano), le donne non possono uscire di casa se non sono accompagnate da un uomo, non possono svolgere determinati lavori e non possono frequentare gli stessi spazi degli uomini nelle scuole. Ad Harat, in Afghanistan, è già stato emanato un primo ordinamento che proibisce le classi miste in tutte le università pubbliche e private. Un primo indizio sul tipo di legislazione che i talebani intendono adottare. Una prima luce sulle promesse moderate tanto ostentate: sarete rispettate se seguirete le regole, dicono i talebani, senza specificare che le regole comprendono già in sé una soppressione di diritti.

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