Mentre la situazione in Afghanistan raggiunge livelli via via più critici, la comunità internazionale si mobilita per cercare di tamponare al meglio la crisi scatenata dal ritiro delle truppe americane e dall’assedio dei talebani: dopo il colloquio con il presidente Usa Joe Biden, ora Draghi spinge per la programmazione di un G20 a settembre che includa nella trattativa anche Cina e Russia. Obiettivo: creare un fronte comune per stabilire cosa pretendere dai talebani e cosa non è ammissibile cedere.
Mentre in Afghanistan cresce il timore di possibili attacchi da parte dell’Isis e di Al-Qaeda (ancora presenti nel territorio), mentre gli Usa invitano i cittadini americani presenti a Kabul a non recarsi in aeroporto, la comunità internazionale cerca di organizzarsi per limitare il più possibile le perdite. In ballo c’è molto, tutto: la possibilità di ricreare una sorta di ordine in Afghanistan, per quanto precario, per quanto peggiore rispetto a qualche mese fa. Per farlo, è necessario che i diversi Paesi occidentali, dagli Stati Uniti all’Ue, aprano un dialogo con i talebani per avanzare richieste, stabilire compromessi, limitare l’escalation di violenze su persone e diritti che potrebbe travolgere l’Afghanistan (e non solo).
Afghanistan, il dialogo Biden – Draghi
Proprio per questo il presidente americano Joe Biden e il presidente del Consiglio Mario Draghi si sono già sentiti al telefono, aprendo un colloquio durante il quale “hanno discusso dell’importanza di uno stretto coordinamento continuo tra il rispettivo personale militare e civile a Kabul che sta lavorando insieme senza sosta per evacuare in sicurezza i propri cittadini, gli afghani che hanno coraggiosamente sostenuto noi e la Nato nello sforzo della guerra, e altri afghani vulnerabili“. Proprio per questo Biden e Draghi “hanno accolto con favore l’opportunità per il G7 di pianificare un approccio comune sull’Afghanistan all’incontro virtuale dei leader la prossima settimana“, stando a quanto riferito dalla Casa Bianca in una nota. Ma il G7 non è l’unico orizzonte a cui si guarda. Piuttosto, è un primo passo. Durante la telefonata i due leader hanno discusso non solamente delle ipotesi di azione in Afghanistan per arginare la crisi, ma anche dell’opportunità di organizzare un G20 in grado di aprire un dialogo su un fronte davvero comune, davvero allargato, per trattare con i talebani.
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Draghi spinge sul G20
All’interno di questo quadro, è il presidente del Consiglio Mario Draghi a muoversi in prima linea nell’organizzazione di un G20 per metà settembre che, come previsto, nel 2021 sarebbe stato a guida italiana. Fino a questo momento nessuno dei Paesi chiamati all’appello ha rifiutato. Cina inclusa. Sul versante cinese, tuttavia, si attende il colloquio dei prossimi giorni tra Draghi e Xi Jinping. Ed è proprio in occasione del G20 – con il coinvolgimento di India, Russia e Cina – che tutti i nodi potrebbero venire al pettine. D’altronde, i leader del G7 sembrano inseriti all’interno di uno scacchiere geopolitico che non dovrebbe produrre eccessive divergenze. Il problema è comprendere quali siano le mire di Cina e Russia sull’Afghanistan.
Un assaggio
La cancelliera Angela Merkel e il presidente russo Vladimir Putin si sono già incontrati a Mosca per un colloquio che ha toccato vari dossier, tra cui l’Afghanistan. Stando al Corriere, Putin si sarebbe dimostrato disponibile a collaborare, ma non si sarebbe trattenuto dall’impartire una piccola lezione politica all’Occidente: “Molti leader politici occidentali stanno cominciando a capire che non si può imporre i propri standard politici e di comportamento ad altri Paesi e popoli, senza tener conto delle tradizioni religiose, etniche e storiche. Occorre dare a quei popoli il diritto a determinare da soli il loro destino, qualunque siano i tempi necessari ad avanzare verso la democratizzazione”. Merkel avrebbe risposto ricordando: l’intervento in Afghanistan è comunque riuscito a “eliminare le punte più estreme del terrorismo islamico“, anche se non definitivamente.
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I punti della trattativa
Eppure, al centro degli incontri sull’Afghanistan già avviati tra Draghi e Biden riapparirebbe uno sguardo di riguardo nei confronti dei diritti umanitari, oltre a una condanna del terrorismo e a una tutela delle migrazioni e del processo di evacuazione degli afghani che collaborano con la coalizione internazionale. All’interno di questo quadro, si prospetta anche un eventuale congelamento dei fondi e degli aiuti finanziari internazionali. Teoricamente, la misura dovrebbe scattare qualora i talebani non volessero accettare alcune condizioni. Per attuare una leva di questo tipo, tuttavia, è necessario un fronte largo, il più largo possibile. Per questo a Roma il 26 e il 27 agosto il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov incontrerà Luigi Di Maio e subito dopo Mario Draghi. Proprio su questo punto, nei giorni scorsi Luigi Di Maio avrebbe affermato: “Chi detiene adesso il comando in Afghanistan deve capire che lo terremo d’occhio e lo considereremo responsabile, usando tutta la nostra leva economica, compresi i finanziamenti. A questo proposito, non possiamo evitare di lavorare con tutte le parti, come Pakistan, Russia e Cina, che condividono con noi la stessa preoccupazione”.