Afghanistan: la vera faccia dei Talebani non è quella espressa dalle parole

Discorsi di apertura, rassicurazioni, profilo basso: i Talebani si sono presentati, dopo aver riconquistato il potere perso nel 2001, con la migliore delle facce di cui dispongono. Ma scordarsi di chi realmente siano sarebbe un errore mortale.

Non ci vendicheremo con nessuno, non ci vendicheremo con chi ha lavorato con gli stranieri. Non vogliamo nemici interni o esterni, il nostro territorio non verrà usato per minacciare nessun Paese. Faremo un’amnistia e le ambasciate e le ong saranno al sicuro. I diritti delle donne saranno rispenel quadro della sharia, e potranno avere ruolo nell’istruzione e nella sanità. Libertà ed indipendenza per  i media, purché rispettino i valori dell’Islam e l’unità del Paese”. Questo, in estrema sintesi, il messaggio che i talebani hanno voluto comunicare e ribadire fin dalla loro prima conferenza stampa.  Dichiarazioni che sembrano quasi voler applicare una cesura, un taglio netto con quello che erano stati prima. Un tentativo diplomatico per accreditarsi come interlocutori accettabili al mondo e rafforzare la loro leadership interna. D’altronde se l’ex presidente degli Stati Uniti Trump ha stretto un accordo con loro, perchè non può farlo il resto del mondo?

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Ed in parte, a contribuire all’ambiguità, c’è anche il modo relativamente incruento con cui hanno ripreso il potere. La spallata finale al governo di Kabul, infatti, è arrivata senza sparare quasi un colpo. Una avanzata velocissima: con le istituzioni afghane che si sbriciolavano letteralmente. arrendendosi con una facilità imbarazzante se non a volte sospetta. E dunque, veramente questi 20 anni che sono passati hanno avuto il potere di rendere democraticamente accettabili gli integralisti islamici che nel 2001 erano considerati un regime terrorista e nemico di ogni diritto umano? Ovviamente no: e non è nemmeno difficile dimostrarlo. Partendo per esempio da quest’ultimo anno di guerra, che ha visto morire centinaia di civili afghani per mano talebana nelle operazioni militari che portate avanti per riconquistare città, villaggi e province. Un dispregio della vita della popolazione che è evidentemente il marchio di fabbrica di chi mette in primo piano la sua ideologia e la volontà di raggiungere il potere.

C’è poi la testimonianza delle centinaia di migliaia di persone che, pur di non vivere sotto il regime dei talebani, sono disposte a tutto: anche a morire. Sono ancora stampate nei nostri occhi le orribili immagini degli afghani che, disperatamente abbarbicati ai carrelli dell’aereo militare americano, precipitano a terra e si sfracellano. Pur di sfuggire ad una vita sotto la dominazione talebana, si sono aggrappati alle ruote di un aereo in decollo: inutile aggiungere altro. Ci sono poi le parole, le dichiarazioni di chi ha potuto esprimerle, magari sui social. Come ad esempio l’appello straziante della regista afghana Sahraa Karimi, che ha lasciato il paese dopo l’arrivo dei talebani a Kabul: “A tutte le comunità del mondo
Vi scrivo con il cuore spezzato e la speranza che possiate unirvi a me nel proteggere la mia bella gente. Nelle ultime settimane hanno preso il controllo di così tante province. Hanno massacrato il nostro popolo, hanno rapito molti bambini, hanno venduto bambine come spose minorenni ai loro uomini, hanno assassinato donne per il loro abbigliamento, hanno torturato e assassinato uno dei nostri amati comici, hanno assassinato uno dei nostri poeti storici, hanno assassinato il capo della cultura e dei media per il governo, hanno assassinato persone affiliate al governo, hanno appeso pubblicamente alcuni dei nostri uomini, hanno sfollato centinaia di migliaia di famiglie.I media, i governi e le organizzazioni umanitarie mondiali tacciono come se questo “accordo di pace” con i talebani fosse legittimo. Non è mai stato legittimo… Se i talebani hanno preso il sopravvento, vieteranno anche ogni arte… Spoglieranno i diritti delle donne, saremo spinti nell’ombra delle nostre case e delle nostre voci, la nostra espressione sarà soffocata”.

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E poi ci sono le notizie, che iniziano a trapelare: milizie talebane che aprono il fuoco su una manifestazione, le immagini del capo della polizia di una provincia interna che viene fucilato, i racconti dei massacri compiuti in questi mesi di avanzata, con donne e media al centro del mirino. La verità è una sola: dell’Afghanistan non interessava più nulla a nessuno, ed è per questo che l’occidente se n’è andato. Ma non veniteci a raccontare storie per giustificare scelte politiche ed economiche: il regime talebano è sempre lo stesso, e la responsabilità di quel che avverrà in Afghanistan nei prossimi mesi è sopratutto nostra. Abbiamo almeno il coraggio di dirci la verità.

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