Le forze armate statunitensi controllerebbero l’aereoporto di Kabul, ma la situazione è ancora poco definita: il Dipartimento di Stato invita gli americani ancora nella capitale a “rifugiarsi” in attesa di comunicazioni.
Una situazione in rapidissima evoluzione, che ha sorpreso tutti. Anche gli americani, che non erano pronti ad organizzare il reimpatrio dei tanti connazionali che si trovano ancora sul territorio afghano. Parliamo evidentemente di un numero significativo di persone: d’altronde in venti anni di permanenza chissà quanti statunitensi – non solo militari – hanno sviluppato interessi in Afghanistan. Ora c’è il problema della gestione di chi ancora si trova lì: non che ci siano minacce evidenti, il ritiro americano è stato concordato ed i talebani non hanno alcun interesse a creare incidenti diplomatici. Ma il caos è tanto, e qualche rischio c’è.
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E’ per questo motivo che il portavoce del Dipartimento di Stato Usa Ned Price ha lanciato un preciso appello ai cittadini statunitensi rimasti a Kabul: non recatevi all’aeroporto, che è comunque sotto il controllo delle forze militari statunitensi. Piuttosto “rifugiatevi” e attendete ulteriori istruzioni: “La situazione si sta evolvendo rapidamente e comunicheremo le informazioni ai cittadini statunitensi il più rapidamente possibile”, ha affermato Price. “Chiediamo ai cittadini statunitensi di mettersi al riparo e di non recarsi all’aeroporto fino a quando non avranno informazioni diverse dal Dipartimento di Stato”, ha poi aggiunto.
Nel frattempo l’aeroporto di Kabul ha riaperto, dopo una chiusura di alcune ore. La notizia è stata diffusa dal maggiore generale Hank Taylor, dello Stato maggiore Usa. Entro oggi, poi, dovrebbero essere dispiegati altri 3000 soldati americani proprio a Kabul. Il portavoce del Pentagono John Kirby, rispondendo alla Cnn, ha voluto specificare che non si dovrebbe parlare di “fallimento” in relazione al caotico ritiro delle forze armate statunitensi: “Pianifichiamo tutti i tipi di contingenze, ma non è un processo perfetto”, ha detto, aggiungendo che “sarebbe stato difficile per chiunque prevedere” quello che poi è realmente successo.
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Kirby ha spiegato che erano state previste “operazioni di evacuazione non militare fin da maggio“ e che “al Pentagono erano in corso esercitazioni”, l’ultima delle quali è stata effettuata due settimane fa. E sarebbe per tutti questi preparativi che le forze di pronto intervento sono state dispiegate in fretta, “inclusi i marines, fuori dalla loro nave e in Kuwait in modo che potessero essere più subito disponibili così come altre forze nella regione”.