I Talebani a Kabul, l’Afghanistan torna in loro potere. Il governo pronto alla resa

Le milizie islamiste, come era ormai chiaro, sono entrate nella capitale. Al momento non si registrano scontri, ai miliziani sarebbe stato ordinato di evitare violenze. Il governo afghano è pronto a lasciare, dovrebbe arrivare un esecutivo ad interim guidato dai talebani.

Elicottero americano in fuga da Kabul

Quello che fino a qualche mese fa sembrava fantapolitica, o quantomeno una prospettiva davvero poco probabile, ora è la realtà per l’Afghanistan, che torna ad essere sottoposto al potere dei Talebani. Nel giro di poche settimane, approfittando del ritiro degli americani e degli alleati occidentali – tra cui l’Italia – le milizie islamiste hanno riconquistato ad una velocità incredibile distretti, province e città, fino ad arrivare alle porte di Kabul, la capitale. Ed ora, secondo fonti stampa locali ed agenzie internazionali, la conquista è giunta a termine. E’ caduta la capitale, senza nemmeno resistere, in realtà.

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Ed è proprio la mancanza di determinazione da parte dell’esercito afghano nei confronti dei Talebani ad essere – secondo gli Stati Uniti – la causa di questa clamorosa disfatta. Quell’esercito afghano armato ed addestrato anche da noi italiani, per tutti i venti anni che siamo stati presenti su quel disgraziato territorio. E’ bastato invece un mese circa  alle milizie islamiche, che avrebbero dovuto essere sconfitte da almeno un decennio, se non di più, per riportare l’orologio indietro al 2001. L’immagine dell’elicottero che si leva in volo dall’ambasciata americana, mentre file di afghani disperati cercano di fuggire, ricordano così tanto l’abbandono dell’ambasciata degli Stati Uniti in Vietnam, quando cadde Saigon nel 1975.

Perchè, nonostante quel che dice Biden, quello che sta avvenendo in Afghanistan è una enorme sconfitta americana. La vittoria dei Talebani, che avrebbero dovuto essere spazzati via da venti anni di occupazione militare, e l’incapacità del governo afghano di opporre una anche minima resistenza sono il simbolo dell’inutilità di questa “guerra per la democrazia” voluta da Bush dopo l’11 settembre e che ha perso di significato, fino ad essere un peso economico e basta. Però in questi venti anni sono successe tante cose: sono morte decine di migliaia di civili, centinaia di migliaia sono stati feriti e mutilati, sono morti migliaia di militari, compresi 53 italiani, che probabilmente stavano pensando di fare qualcosa di utile, di sensato, di importante.

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E sta qui il senso di una sconfitta epocale, che certamente mette gli Stati Uniti ancora più in difficoltà sul piano internazionale, a vantaggio della Cina, ad esempio, che secondo alcune fonti di informazione già sarebbe in contatto con la leadership talebana. E ci siamo dentro anche noi, alla sconfitta: gli oltre 8 miliardi di euro che abbiamo speso in due decenni a cosa sono serviti? A nulla. A guardare le bandiere talebane sventolare su Kabul, con i negozianti che cancellano le immagini di donne fuori dai negozi di abbigliamento per evitare spiacevoli conseguenze. La morte di Gino Strada a poche ore da questa catastrofe è una di quelle coincidenze che danno da pensare: tante volte Strada aveva ribadito l’inutilità di queste “guerre umanitarie” che non portano a nulla, se non ad altra sofferenza. Quello che sta avvenendo a Kabul gli sta dando di nuovo ragione.

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