Laila El Harim, la quarantenne morta a causa di un incidente sul lavoro in una azienda in provincia di Modena, aveva ripetutamente segnalato i malfunzionamenti del macchinario in cui è rimasta intrappolata. Nel suo telefonino – che è stato sequestrato – sono state ritrovate le immagini della fustellatrice. Un elettricista sarebbe dovuto andare in sede per ripararla. La Procura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Nel registro degli indagati, al momento, sono iscritti il legale rappresentante della fabbrica ed il nipote di quest’ultimo, vale a dire il delegato alla sicurezza.
Ennesimo incidente mortale sul lavoro. Laila El Harim, dipendente dell’azienda “Bombonette” di Camposanto, nella Bassa Modenese, martedì mattina è rimasta incastrata in una fustellatrice. La donna di origini marocchine ha perso la vita in pochi istanti, lasciando il compagno ed il figlio di quattro anni. Inutili gli interventi dei soccorritori, che non hanno potuto fare altro che costatarne il decesso. La Procura di Modena ha aperto una inchiesta per omicidio colposo. Il primo ad essere stato iscritto nel registro degli indagati è stato il rappresentate legale della fabbrica che si occupa di packaging. Nelle scorse ore a quest’ultimo si è aggiunto anche il nipote, che ricopre il ruolo di delegato alla sicurezza. Il sentore è che i proprietari della ditta abbiano trascurato i malfunzionamenti del macchinario. La vittima stessa li aveva segnalati, ma non era stata ascoltata. Sul telefonino della quarantenne, che è stato sequestrato, sono state ritrovate alcune fotografie che lo testimoniano.
Il cellulare di Laila El Harim avrà un ruolo importante nelle indagini. La Procura di Modena ha disposto il sequestro del dispositivo elettronico e nei prossimi giorni il contenuto di quest’ultimo verrà analizzato. Un primo importante elemento ritrovato riguarda alcune fotografie che la quarantenne aveva scattato alla fustellatrice alla quale è rimasta incastrata e che l’ha trascinata e uccisa martedì intorno alle 8.30. La donna probabilmente si era accorta dei malfunzionamenti e aveva realizzato quelle immagini per mostrarle ai suoi superiori e/o ai tecnici competenti. Da chiarire se le avesse già inviate loro per messaggio oppure volesse mostrargliele di presenza.
Ad essere a conoscenza dei malfunzionamenti del macchinario utile per sagomare materiali da imballaggi che Laila El Harim utilizzava abitualmente era anche il compagno Manuele Altiero. “Se ne lamentava spesso”, ha raccontato ai microfoni di Repubblica. “Diceva che la fustellatrice si bloccava, che non andava. E spesso dovevano intervenire gli elettricisti”. La donna aveva anche un diario, in cui annotava alcune considerazioni sulla giornata lavorativa. “Un giorno sì e uno no raccontava che doveva venire un elettricista per metterla a posto”. Ciò, tuttavia, non sembrerebbe essere mai accaduto.
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La Procura di Modena ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo. Due persone sono state finora iscritte nel registro degli indagati. Uno è il rappresentante legale dell’azienda “Bombonette” di Camposanto, l’altro è il nipote, il quale ricopre il ruolo di responsabile della sicurezza. I periti si occuperanno nei prossimi giorni di effettuare i necessari rilievi sul macchinario che ha ucciso Laila El Harim, che è stato sequestrato. Intanto questa mattina è iniziata l’autopsia sul corpo della quarantenne. Essa avrà il compito di chiarire l’esatta dinamica del decesso.
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