Sono passati pochi giorni dal feroce attacco hacker che ha sconvolto il sistema informatico della Regioni Lazio che ha messo in pericolo i dati di 6 milioni di cittadini. Secondo quanto riportato da il Corriere della sera, in una mail tutto in inglese, indicazioni e avvertimenti per dimostrare che non stavano scherzando.
Come in altri attacchi analoghi, in casi di ransomware, le indicazioni sono sempre le medesime: non chiamare la polizia, e il riscatto, pagare una certa cifra per poter rientrare in possesso dei dati perduti. Al momento le forze di polizia, stanno indagando per identificare gli hacker. Ad operare in tal senso la polizia postale ed è stato coinvolto perfino l’FBI. L’ultimatum di 72 ore dovrebbe scadere domani.
L’esperto
«Non si può parlare di terrorismo» per l’attacco al sistema informatico della Regione Lazio. È la dichiarazione di Corrado Giustozzi, esperto di sicurezza cibernetica, membro del direttivo di Clusit, a Timeline su Sky Tg24. «Un attacco del genere può avere tre motivazioni: criminale, pura estorsione in cerca di soldi, sabotaggio a fini ideologici e motivazione terroristica. Quest’ultima è da escludere, non si è terrorizzato nessuno, c’è sicuramente tanta gente innervosita e disagi ma non c’è terrore. Poi non ci sono state rivendicazioni in questo senso». «Anche la motivazione dell’attacco ideologico è del tutto campata in aria. La motivazione in questo caso è quella normale purtroppo, perché sono anni che fenomeni del genere accadono e colpiscono soggetti deboli ed è la richiesta di riscatto: ti rapisco un bene cui tieni e te lo restituisco solo in cambio di soldi».