La riforma della Giustizia a firma Cartabia ha ottenuto nella notte due importanti voti di fiducia alla Camera, corrispondenti ai due articoli che vanno a comporre il testo di legge, incassando nella prima votazione 461 sì, 55 no e un astenuto, e nella seconda votazione 458 sì e 46 no. Cosa ci dicono questi numeri?
La riforma della Giustizia a firma Cartabia compie un altro passo in avanti e si avvicina sempre più alla sua approvazione definitiva: nella notte tra lunedì e martedì la riforma ha ottenuto due voti di fiducia alla Camera, corrispondenti ai due articoli da cui è composto il testo di legge: la prima fiducia è stata posta sulle prime norme contenute nel testo e immediatamente operative; la seconda fiducia è stata posta sulla seconda parte, che prevede una delega al governo (e di queste norme fanno parte anche le misure sulla improcedibilità e sul regime speciale per i processi di mafia, terrorismo, droga e violenza sessuale). Nel primo caso, la riforma ha ottenuto 462 sì, 55 no e un astenuto; nel secondo caso 458 sì e 46 no. Il voto finale alla Camera è ora previsto per questa sera alle 19, poi il testo dovrà passare al Senato. E difficilmente si andrà incontro a sorprese dell’ultim’ora: la crisi alla Camera aperta con le obiezioni poste dal M5s sulla prescrizione dei processi sembra veramente superata. Il Cdm che ha portato all’accordo condiviso ha dato i suoi frutti, e ora il testo di legge ottiene ampi numeri di sostegno. Anche se non mancano defezioni pentastellate, per quanto minime: sono stati 13 i deputati assenti “non giustificati”, mentre 7 sono stati i deputati risultati in missione. Ma cosa ci dicono questi numeri?
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Ricompattate le fila nel M5s, anche se non del tutto
Innanzitutto ci dicono che il malcontento all’interno del M5s sembra rientrato, anche se non completamente. Di certo, la situazione è migliorata rispetto a domenica, quando diversi pentastellati avevano disertato la votazione sulle pregiudiziali di costituzionalità (erano ben 41 i deputati assenti). Da quel momento, ogni tentativo è stato dispiegato per far rientrare un malcontento che poteva diventare pericoloso e in quest’ottica vanno viste le assenze alla fiducia alla Camera, come un’emergenza rientrata. Di certo un problema nel M5s rimane, ma assume dimensioni più contenute, evitando di dispiegare i suoi effetti su tutta la maggioranza. Ovviamente, questo momentaneo ricompattamento dà modo a Giuseppe Conte di ostentare ottimismo. Già in mattinata l’ex premier aveva ribadito: “Crediamo di aver raggiunto e aggiunto dei significativi miglioramenti, quindi i parlamentari del M5S daranno il loro voto ed esprimeremo compattezza”. Dall’altro lato, i pentastellati da sempre favorevoli al provvedimento possono tirare un sospiro di sollievo e ridimensionare l’opposizione interna venutasi a creare a un certo punto della trattativa: “Il nostro è stato un atteggiamento critico, ma sempre costruttivo. Se non avessimo chiesto una norma transitoria avremmo lasciato la tagliola ai processi di mafia”, sottolinea Eugenio Saitta stando a quanto riportato dal Corriere.
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Riforma Giustizia, le altre reazioni sulla fiducia
Intanto, ad alzare i toni sono gli ex M5s attualmente appartenenti ad Alternativa C’è che, attraverso la voce di Francesco Forciniti, attaccano la ministra della Giustizia: “Lei disse che i processi di mafia non erano affatto in pericolo, poi però, in fretta e furia ha convocato un Cdm, messo una pezza, e detto che ora i processi di mafia erano salvi. Mentivate prima e mentite ora. Il testo è una corsa a ostacoli per i giudici d’Appello che dovranno motivare la “particolare” complessità del processo, contro cui i mafiosi potranno fare ricorso in Cassazione”. Ma tra gli scarsi sussulti di opposizione, fiancheggiati da FdI, la maggioranza sembra intenta a festeggiare un primo successo. Lo fa, quanto meno, Mariastella Gelmini, che ribadisce: “È un nostro merito se oggi non siamo più soli a difendere il garantismo, è grazie a 25 anni di battaglie. La Lega è arrivata sulle nostre posizioni. Lo stesso accadrà anche con FdI”. Esprime soddisfazione anche il Pd che, stando al Corriere, con Walter Verini sottolinea di “aver contribuito a superare estremismi e rigidità di chi etichettava la riforma come una schifezza e chi non voleva cambiarne una virgola. Abbiamo ascoltato anche le critiche, arrivate da istituzioni. Orma si può voltare pagina”.