La procura di Mantova indaga sul suicidio del dottore del plasma iperimmune. Da primario, era tornato a fare il medico di base
Giuseppe De Donno è morto suicida due giorni fa, nella sua casa di Curtatone (Mantova), dove viveva con la moglie Laura e i figli Martina ed Edoardo. «Un uomo empatico, dalla profonda umanità e purezza, se uno è vero la gente lo capisce. Quando uno va alla guerra poi ci sono i reduci, lui lo è e le conseguenze ci sono», racconta Carlo Bottani, sindaco di Curtatone.
De Donno ha combattuto per salvare vite umane durante la pandemia servendosi delle trasfusioni di sangue iperimmune, trattato e trasfuso ad altri pazienti contagiati. Il dottore è stato un vero simbolo della lotta al Coronavirus. In molti furono salvati dal medico, tra cui la signora Rosa Z., che dice:«con il plasma mi ha guarito, mi emoziono solo pensandoci, lo voglio ringraziare della vita che mi ha ridato».
Lo scorso aprile la sentenza dell’Iss lo aveva buttato giù:«la cura del plasma non riduce i rischi di peggioramento respiratorio o morte». De Donno solo un mese fa si era dimesso per tornare a fare il medico di base e ritrovare un po’ di serenità. In tantissimi volevano farsi curare da lui, facevano la fila per averlo come medico curante.
«Aveva l’agenda piena», dice Ivan Miorali, a capo del centro medico Armonia di Porto Mantovano dove De Donno lavorava privatamente, «un professionista che riempiva i cuori e gli ambulatori che davvero teneva fede al giuramento di Ippocrate».
Talmente amato dalla gente da attirarsi altri attacchi. «Giuseppe era a momenti solare e in altri ombroso, disilluso o arrabbiato per non essere riuscito a fare quello che sperava per i pazienti; aveva dimostrato caparbietà nel periodo così drammatico della pandemia, ma che in parte lo ha profondamente logorato e stancato, com’è accaduto a molti di noi e forse a lui più che a tutti», hanno detto gli ex colleghi del Poma.
Raffaello Stradoni, direttore generale Poma, spiega che «il periodo della pandemia l’aveva profondamente provato e aveva acutizzato un malessere interiore che lo tormentava fin da prima del Covid». Un malessere che aveva deciso di curare facendo un percorso terapeutico. L’uomo però, non riusciva a risollevarsi pare anche per via di qualche dissapore in famiglia.
Un suo stretto collaboratore ha raccontato che De Donno «da ottobre non era più lui, aveva un’ombra dentro, negli ultimi giorni aveva lo sguardo assente, c’era qualcosa che non andava. Era stato lasciato solo, verso di lui c’era molta invidia e lui soffriva molto gli attacchi nei suoi confronti».
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La procura di Mantova sta indagando sul decesso del dottore, morto nel seminterrato della sua villetta in campagna. Gli investigatori esamineranno il suo cellulare e il suo computer per trovare tracce di eventuali responsabilità riconducibili alla sua morte. Tutta l’Italia è rimasta sconvolta dalla notizia del suo decesso. Matteo Salvini, leader della Lega, ha commentato:«Perdiamo un grande medico, che ha lottato come un leone per salvare centinaia di vite, spesso contro tutto e tutti».