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Politica

Riforma Giustizia, Conte tira dritto e rilancia: le criticità sollevate dal Csm

La richiesta di Forza Italia di allargare il perimetro della riforma della Giustizia anche all’amministrazione pubblica è stata respinta dalla Commissione Giustizia. La riforma dovrebbe ottenere il via libera alla camera entro il 30 luglio, giorno nel quale sarebbe prevista la questione di fiducia in Aula per accelerare l’iter. Ma sulla tempistica aumentano ora i dubbi. 

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Sulla riforma della Giustizia il governo fatica a raggiungere una quadra, e i tempi iniziano a stringersi: il testo dovrebbe arrivare alla Camera il 30 luglio per un primo via libera, quando dovrebbe essere posta la questione di fiducia in Aula con lo scopo di accelerare l’iter di approvazione della riforma. Intanto, nella giornata di ieri la Commissione Giustizia della Camera sembra aver superato un primo rischio di rallentamento, respingendo la richiesta di Forza Italia di allargare il perimetro del contenuto della delega sul processo penale. Tuttavia, i tempi restano ancora incerti. A pesare è soprattutto quella lunga mediazione ancora in atto tra governo e forze politiche, e più in particolare il M5s, per apportare modifiche al testo degli emendamenti predisposti dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia. Si tratta di un nodo cruciale, senza il quale la votazione sugli emendamenti non può prendere il via.

A che punto siamo

Per questo prosegue l’interlocuzione per trovare un punto di incontro con le richieste avanzate da Giuseppe Conte, che punta ad eliminare ogni forma di improcedibilità nei giudizi su reati di mafia e terrorismo. Su questo punto, la Repubblica riportava un’ipotesi di accordo che prevede la prescrizione bloccata dopo la sentenza di primo grado senza il rischio di estinzione del processo. Ma sulla questione si attendono ulteriori informazioni e le ultime dichiarazioni di Giuseppe Conte non rassicurano. Proprio nella giornata di ieri l’ex premier ha avvertito: “In pochi giorni capiremo se le nostre richieste hanno trovato accoglimento o meno. È chiaro che una prospettiva di fiducia alla riforma senza alcune modifiche sarebbe per noi difficile“. A questo punto, se la mediazione dovesse andare in porto, stando a quanto riportato da Agi, l’esito della trattativa potrebbe essere inserito in un unico emendamento della Commissione, che poi sarà sottoposto a votazione insieme alle altre proposte di modifica presentate. A quel punto, il governo potrebbe porre la fiducia in Aula su un unico maxiemendamento. Un percorso che potrebbe far slittare l’intero iter alla prima settimana di agosto.

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La riforma Giustizia e la questione Conte

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Tutto questo dovrà entrare non solo in una macchina legislativa perfettamente oliata, ma anche in una interlocuzione politica in grado di raggiungere una sintesi. E per questo non è escluso che in maggioranza la tensione salga ancora. E non solo in maggioranza. Conte è in cerca di una prima legittimazione politica della sua leadership a capo del M5s, deve portare a casa un primo risultato sulla riforma della Giustizia (anche se si tratterà di una modifica tecnica all’interno di un impianto di riforma che resta rigido). Ma deve stare attento a non tirare troppo la corda, rischiando di innervosire l’ala ministeriale del M5s che potrebbe, su questo, alzare i toni per portare a casa la riforma. Dall’altro lato, Conte dovrà cercare di accontentare con un qualche vittoria le frange più ostili del Movimento, che si dicono pronte ad affrontare lo strappo finale, se necessario. Tutto ciò, tenendo presente l’obiettivo generale: portare a casa la riforma prima della pausa estiva. Intanto l’ex premier ribadisce: “Abbiamo fatto delle osservazioni, condivise da buona parte degli addetti ai lavori e non sono per soddisfare esigenze di bottega del M5S. Noi dobbiamo velocizzare i processi e celebrare i processi”.

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Il giudizio del Csm

Nel frattempo, sulla questione della riforma della Giustizia è arrivato anche il parere della sesta Commissione del Csm, che sembra aver cassato negativamente alcuni aspetti del testo. Secondo la Commissione potrebbero essere “rilevanti e drammatiche” le “ricadute pratiche” della riforma, perché i due anni fissati per la durata massima del giudizio di appello “sono largamente inferiori a quelli medi” che “oscillano dai 4 ai 5 anni“. Inoltre – ribadisce il Csm – “la previsione attribuisce al potere legislativo il compito di indicare gli ambiti entro i quali l’intervento giurisdizionale è ritenuto prioritario, in tal modo orientando la funzione giudiziaria nella delicata fase delle indagini preliminari alla persecuzione di specifiche fattispecie di reato riconducibili ad aree di criminalità, la cui individuazione rispecchierà, inevitabilmente e fisiologicamente, le maggioranze politiche del momento“.

L’incontro tra Csm e Conte sulla riforma della Giustizia

Il parere sarà discusso in plenum giovedì 29 luglio e intanto, per questa e per altre motivazioni, la Commissione manifesta “le più serie preoccupazioni in ordine alle conseguenze che potrebbero derivare, soprattutto in termini di ricadute pratiche per gli uffici giudiziari, dall’approvazione della riforma prospettata“. A quanto pare Conte ha avuto modo di leggere il parere completo del Csm, perché oggi coglie l’assist e di fronte a Palazzo Chigi ne ripete un’osservazione: “Ritengo che la norma che delega al Parlamento l’individuazione dei reati da perseguire prioritariamente sia una norma critica. In altri ordinamenti indirizzi del genere sono previsti, ma quando lo caliamo nel nostro conosciamo i rapporti difficili del passato tra politica e magistratura. È bene lasciare intatto il principio di obbligatorietà dell’azione penale” .

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