Il dato è clamoroso: nella capitale d’Italia l’incidenza dei contagi è aumentata di cinque volte rispetto a poche settimane fa. Impossibile non pensare ai festeggiamenti per gli Europei, e sopratutto a chi li ha permessi con tanta leggerezza.
Un aumento di contagi, dopo l’evidente “libera tutti” concesso per gli europei di calcio, era immaginabile. Nessuno però pensava che i numeri potessero essere così impietosi: a Roma si registra un incremento di quasi cinque volte il numero dei positivi di quasi il quintuplo rispetto a qualche giorno fa. Come abbiamo purtroppo imparato in questi mesi, per calcolare il momento del contagio reale di un positivo rilevato bisogna tornare indietro di circa due settimane. Ed ecco che, ahinoi, i conti tornano: due settimane fa eravamo in pieno delirio da nazionale di calcio, con gli azzurri che procedevano spediti superando ottavi di finale, quarti, semifinale fino ad arrivare all’apoteosi del trionfo con l’Inghilterra.
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D’altronde, le immagini che anche su questo giornale avevamo raccolto e mostrato in diversi servizi lasciavano poco spazio ai dubbi: avremmo avuto bisogno di un bel colpo di fortuna, per evitare che quegli assembramenti evidentemente senza controllo non fossero forieri di pessime conseguenze. D’altronde la vaccinazione di massa, l’arrivo dell’estate, i numeri sempre più bassi di contagiati, ricoverati, vittime lasciavano spazio all’ottimismo. In più, la legittima e sacrosanta voglia di libertà di milioni di italiani, in primo luogo i giovani, costretti da praticamente un anno e mezzo alla reclusione casalinga tra lockdown, zone rosse e limitazioni. Su questo, nessuna discussione. Siamo dell’idea che, al netto del sano buon senso e di una consapevolezza civica anche minima, la voglia di libertà e di normalità sia sana. L’evento calcistico internazionale e la meravigliosa performance degli Azzurri, d’altronde, sono stati ingredienti perfetti per alimentare gioia collettiva e senso di ritorno al normale. In effetti le immagini dei caroselli, delle gioiose ammucchiate nelle piazze e per le strade erano identiche a quelle del 2006, quando vincemmo il mondiale.
Peccato che nel 2006 il mondo non fosse afflitto da una pandemia globale. E sopratutto, peccato che già l’estate scorsa sia apparso chiaro che affrettare il ritorno alla normalità è molto rischioso, quando si ha a che fare con un virus ancora poco noto, capace di creare così tanti problemi ai sistemi sanitari di tutto il mondo ed ancora attivo sotto forma di varianti aggressive ed altrettanto poco conosciute dalla scienza. Perchè due sono le cose: o questo Covid 19 è un problema reale, delle dimensioni in cui l’abbiamo percepito, oppure il problema è l’incapacità di gestirlo. L’impressione è che la verità sia nel mezzo: questo è un virus che, per le sue caratteristiche, è in grado di mandare in crisi un sistema sociale ed economico globalizzato ed iperconnesso. D’altronde, sui modelli di gestione si fa veramente troppa speculazione politica.
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Ormai in Italia si è creata una polarizzazione estrema: a destra si tutela il principio dell’ “aprire tutto, quasi a prescindere”. Il centrosinistra invece è, spesso aprioristicamente, per la tesi “nel dubbio chiudi”. Un modo di porsi basato più sulla ricerca del consenso del proprio elettorato che sulla valutazione realistica della situazione. Lo stiamo vedendo in questi giorni riguardo la questione del “Green Pass”, lo abbiamo visto in tante, troppe occasioni: sulla gestione del Covid si fa troppa politica. Anche nel caso degli Europei, e non solo per responsabilità del governo italiano: con una variante così aggressiva come quella Delta, è sembrato da subito fuori luogo autorizzare un torneo “itinerante”, con migliaia di tifosi in movimento in Europa e non solo. Qui da noi si è scelto di dare respiro alla popolazione, di dare spazio alla voglia di normalità: ora arrivano i primi risultati. La speranza è che il numero sempre più alto di vaccinati contenga il rischio a cui siamo stati esposti dall’approssimazione dei nostri governanti. Se così non fosse, a questo punto, dopo i troppi errori a cui abbiamo assistito, sarebbe necessaria una assunzione di responsabilità. Lo diciamo chiaro ed in anticipo: se l’aumento dei contagi in corso diventasse tendenziale con un aggravio della pressione sugli ospedali, un passo indietro da parte di qualche rappresentante istituzionale di alto livello sarebbe dovuto.
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