Gkn non manda i vertici a parlare con le parti sociali, al loro posto un avvocato in videoconferenza. L’azienda non cede sui licenziamenti
I vertici dell’azienda non si sono neppure presentati al tavolo della trattativa previsto per ieri pomeriggio, in loro vece un avvocato che ha rinnovato l’intenzione di licenziare. Il caso di Gkn Driveline, la multinazionale con sede a Campi Bisenzio in provincia di Firenze, assume toni sempre più drammatici per i 422 lavoratori per i quali è stata avviata la procedura di licenziamento, annunciata tramite una mail.
Contattato tramite videoconferenza, l’avvocato della multinazionale fa sapere “di non poter accogliere quale pre-condizione alla trattativa la proposta di revocare la procedura avviata, stante la decisione di chiudere il sito produttivo, ma di essere disponibili ad avviare immediatamente il dialogo con le organizzazioni sindacali nell’ambito della procedura anche con il supporto delle istituzioni per identificare le soluzioni che possano minimizzare il più possibile l’impatto sociale della decisione assunta“. E’ il primo effetto dello sblocco dei licenziamenti previsto per il 1 luglio e lo Stato appare impotente davanti alla scelta dell’azienda.
Per giustificarsi, Gkn sostiene che lo stabilimento di Campi Bisenzio risulta non essere più sostenibile. “Tutte le possibili ragionevoli opzioni sono state ampiamente valutate, tuttavia non è stato possibile identificare alcuna alternativa sostenibile per il sito di Firenze”. In realtà l’azienda ha optato per la delocalizzazione, trasferirsi in un paese dove i costi del lavoro saranno meno alti e di conseguenza i guadagni più alti.
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Come sempre in questi casi la politica si sveglia tardi e annuncia tardive sanzioni che non risolveranno il dramma dei lavoratori appena licenziati. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, prevede sanzioni per le multinazionali che delocalizzano in altri Paesi per evitare nuovi casi come quelli di Gkn e Whirlpool. “Bisogna utilizzare questa ondata di finanziamenti che avremo col Recovery plan per responsabilizzare di più le imprese e legarle con più forza al Paese nel quale operano e dal quale ricevono sussidi, e tutti gli strumenti che vanno in questa direzione vanno utilizzati“, ha detto in un’intervista a La Stampa. “Per questo proporrò al ministro Giorgetti di confrontarci per rafforzare questo tipo di misure che già esistono ma che oggi, evidentemente, non sono sufficienti ed incisive“, ha spiegato il ministro che giudica invece inutile intervenire di nuovo sul blocco licenziamenti. Si tratta comunque di una risposta molto tardiva: molte aziende hanno già deciso di andare via e sarà difficile trattenerle, Gkn è solo l’ultimo dei casi.
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Dura la reazione della Fiom, il segretario nazionale Michele Di Palma e quello fiorentino Daniele Calosi tengono ferma la linea: “Si ritirino i licenziamenti e si apra davvero un confronto: si garantisca piena occupazione e si riprenda a lavorare. Tutto il governo deve intervenire”.
La viceministra per lo Sviluppo Economico Alessandra Todde annuncia un nuovo tavolo di trattativa “in tempi brevi e lavoreremo in sinergia con tutte le istituzioni per una soluzione concreta per la città e i lavoratori“. Definisce l’assenza dei vertici dell’azienda di ieri “una gravissima mancanza di rispetto, lo Stato tratta con chi ha potere di trattare e la parola responsabilità fa parte del vocabolario delle aziende che si siedono al tavolo delle Istituzioni. Non mi era mai capitato, questa non è una crisi industriale ma una vertenza con tematiche finanziarie, lo stabilimento è stato trasformato in un prodotto finanziario, non è un atteggiamento corretto nei metodo e nel merito“, afferma Todde.
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La viceministra è convinta di potere recuperare la trattativa: “Riconvocheremo il tavolo in tempi brevi e lavoreremo in sinergia con tutte le istituzioni per una soluzione concreta per la cittò e i lavoratori“, dice Todde. “Mi aspetto una crescita dei tavoli di crisi. Anche se – evidenzia- con il lavoro fatto finora sono scesi da 149 agli attuali 86, di cui 55 aperti e 29 di monitoraggio. L’impegno è di gestire al meglio le varie crisi industriali, proponendo soluzioni e riportando il Mise ad essere il ministero dello Sviluppo Economico e non un distributore di ammortizzatori sociali“.
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