Rinuncerà alle vacanze circa il 46% degli italiani perché teme di non farcela economicamente. Non viaggia per paura del virus solo il 5%
Sono tante, troppe le persone che quest’anno non potranno permettersi di fare le vacanze. Questa volta però non è colpa del Covid, ma delle difficili condizioni economiche. Parliamo del 46% degli italiani, ovvero circa 10 milioni di persone stando ai dati forniti da un’indagine realizzata da Demoskopika: “Le difficoltà economiche – dice il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – pesano più della paura del Covid nei consumi turistici degli italiani. Adesso è il momento delle decisioni politiche consapevoli“.
Nel 24% dei casi, chi rinuncia lo fa al di là del coronavirus, ma teme di non avere la possibilità economica per farlo. Solo il 5% ha rinunciato perché ha ancora timore a viaggiare a causa del Covid-19 e delle sue varianti. A rinunciare per questioni economiche risulta principalmente chi possiede un titolo di studio basso. Tra questi anche disoccupati, operai, gli anziani e infine chi risiede nelle regioni del Centro e del Nord ovest.
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Nella stragrande maggioranza dei casi delle persone che potranno permettersi di partire, queste rimarranno comunque in Italia (circa l’87% degli intervistati). Sul versante opposto, il 13% ha optato per il viaggio oltre confine: l’11,1%, in particolare, ha in programma una meta europea, mentre il 2,1% opta per una destinazione internazionale. Per l’identikit di chi ha deciso per la vacanza sono i giovani i più propensi (62%), rispetto agli adulti (59%) e agli over 65 anni (33%).
Come vuole la tradizione e in barba alle condizioni economiche più complesse del Sud, sono principalmente nel Mezzogiorno i più convinti assertori della villeggiatura e in possesso di un titolo di studio medio-alto. Come era facile immaginare, sono coloro che vivono di lavoro dipendente (dirigenti, quadri, impiegati, etc.) coloro che potranno permettersi di partire. La meta preferita rimane sempre il mare (58%), seconda la montagna” (15%), poi le città d’arte e i borghi (10%) e infine campagna e agriturismo (8%).