Amare Gesù significa è saper essere “in perdita” agli occhi della mentalità comune, per guadagnare la vita agli occhi eterni di Dio.
Nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al mio risveglio mi sazierò della tua presenza. (Cf. Sal 16,15)
Cerchiamo di essere avveduti nei suoi riguardi per impedire che cresca.
Dal libro dell’Èsodo
Es 1,8-14.22
In quei giorni, sorse sull’Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. Egli disse al suo popolo: «Ecco che il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più forte di noi. Cerchiamo di essere avveduti nei suoi riguardi per impedire che cresca, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai nostri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese».
Perciò vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati, per opprimerli con le loro angherie, e così costruirono per il faraone le città‑deposito, cioè Pitom e Ramses. Ma quanto più opprimevano il popolo, tanto più si moltiplicava e cresceva, ed essi furono presi da spavento di fronte agli Israeliti.
Per questo gli Egiziani fecero lavorare i figli d’Israele trattandoli con durezza. Resero loro amara la vita mediante una dura schiavitù, costringendoli a preparare l’argilla e a fabbricare mattoni, e ad ogni sorta di lavoro nei campi; a tutti questi lavori li obbligarono con durezza.
Il faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo: «Gettate nel Nilo ogni figlio maschio che nascerà, ma lasciate vivere ogni femmina».
Parola di Dio.
R. Il nostro aiuto è nel nome del Signore.
Se il Signore non fosse stato per noi
– lo dica Israele –,
se il Signore non fosse stato per noi,
quando eravamo assaliti,
allora ci avrebbero inghiottiti vivi,
quando divampò contro di noi la loro collera. R.
Allora le acque ci avrebbero travolti,
un torrente ci avrebbe sommersi;
allora ci avrebbero sommersi
acque impetuose.
Sia benedetto il Signore,
che non ci ha consegnati in preda ai loro denti. R.
Siamo stati liberati come un passero
dal laccio dei cacciatori:
il laccio si è spezzato
e noi siamo scampati.
Il nostro aiuto è nel nome del Signore:
egli ha fatto cielo e terra. R.
Sono venuto a portare non pace, ma spada.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 10,34-11.1
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.
Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.
Parola del Signore.
Gesù non è venuto a portare buonismo ed ipocrisia, ma è venuto a separarci da ogni morbosità e attaccamento interessato, che non ci permettere di essere davvero liberi, di essere davvero cristiani. Un figlio all’ombra dei suoi genitori, che sia per comodo, interesse o per mancanza di coraggio, come potrà averne per mettere Dio al primo posto?
Come potrà un coppia amarsi ed essere una sola cosa se ci saranno cordoni ombelicali con le rispettive famiglie? Gesù con questi insegnamenti ci mostra una pace diversa da quella del mondo, del “vogliamoci tutti bene”, che poi all’atto pratico diventa una chiusura, anche critica, all’altro e alla vera carità.
Mettere Dio al primo posto, ci insegna Gesù, è innanzitutto avere gratitudine: questo perché lui ci ha donato ogni cosa, la nostra stessa vita e tutti i nostri affetti. Sapendo questo, come potremo amare qualcuno più di questa “persona” – perché Dio è una persona in Gesù e in sé stesso! – che ci ha donato tutto?
Gesù ci dà una bella notizia: se riusciremo a metterlo al primo posto, potremo essere degni di lui! Persino nella nostra piccolezza. Se invece non lo faremo, non avremo questa grande dignità. Il che non significa che Gesù non ci ami, ma essere degni di lui è un altro conto.
Amare Gesù significa è saper essere “in perdita” agli occhi della mentalità comune, per guadagnare la vita agli occhi eterni di Dio.
Il commento al Vangelo di ieri
In questa prospettiva non può mancare l’amore al prossimo, che Gesù ci chiede sempre e a partire dai nostri più grandi nemici (che spesso sono quelli della nostra casa, ci spiega). Gesù ci parla di accoglienza a chi lui manda nella nostra vita: non sempre Gesù manda parole dolci! A volte manda uno scossone tramite le parole di una persona che lui invia alla nostra vita (un sacerdote o persino un amico) che servirebbero per farci crescere, e invece noi le rifiutiamo!
Accogliere le parole di un uomo o una donna di Dio, che in quel momento lui ha mandato a noi, può non essere semplice! Eppure “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto”.
Infine: “Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”. Dio guarda tutti i nostri gesti, ma dà più valore a quelli fatti col cuore, quelli mossi da autentica carità per il prossimo e per lui, perché anche lui ne ha bisogno e li desidera, dato che ci ama.
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