Il blitz anti-assenteismo della Guardia di Finanza di Palermo ha portato anche a un indagato per mafia, oltre alle 28 misure cautelari emesse questa mattina nei confronti di altrettanti dipendenti del Comune e delle partecipate Reset e Coime. Le persone coinvolte sono indagate a vario titolo per truffa a danno di un ente pubblico e falsa attestazione della prestazione in servizio.
Su delega della locale Procura i finanzieri del locale Comando provinciale hanno eseguito 28 misure cautelari a seguito di un blitz anti-assenteismo nel comune di Palermo e in alcune partecipate. A ricevere le misure cautelari sono stati, più nello specifico, 11 dipendenti del Comune, 3 del Coime e 14 della Reset, in servizio ai Cantieri Culturali della Zisa. Per 8 dipendenti sono scattati gli arresti domiciliari, per altri 14 l’obbligo di dimora e di presentazione alla Polizia giudiziaria, mentre per 6 persone solo quest’ultimo. I dipendenti coinvolti sono indagati a vario titolo per truffa a danno di un ente pubblico e falsa attestazione della presentazione in servizio. Uno di loro è anche indagato per mafia. A commentare l’intera operazione, è stato il colonnello Gianluca Angelini, comandante del nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Palermo, che avrebbe sottolineato come “l’aspetto più allarmante è il diffuso senso di impunità che ha permeato un significativo numero di pubblici dipendenti che si sono sentiti liberi di violare sistematicamente le regole del rapporto di impiego“. Si tratta di comportamenti che non possono essere lasciati impuniti perché – come sottolinea il colonnello – si tratta di comportamenti “che determinano un danno economico e di immagine per la pubblica amministrazione e che incidono negativamente sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini“.
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Un fenomeno estremamente diffuso
A commentare, anche il generale Antonio Quintavalle Cecere, comandante provinciale della Guardia di finanza di Palermo: “L’attività investigativa ha svelato l’esistenza di un fenomeno illecito estremamente diffuso all’interno della struttura pubblica cittadina, un contesto di quasi assoluta anarchia amministrativa, un modus operandi divenuto cronico a tal punto da essere considerato come un comportamento ‘normale’“. Il fenomeno illecito si era talmente diffuso, ed era stato talmente normalizzato, da aver prodotto anche un’organizzazione interna tra i dipendenti che ne facilitasse l’esecuzione: “Alcuni degli indagati hanno costituito delle vere e proprie ‘squadre di lavoratori assenteisti’ che provvedevano ad effettuare reciprocamente la timbratura dei badge dei propri compagni in modo da non far risultare i periodi di assenza dal lavoro“.
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In pantaloncini e infradito
E cosa facevano i dipendenti assenteisti durante i periodi di assenza dal posto di lavoro? Alcuni andavano al bar, al supermercato, altri facevano sport. C’era anche chi, per dimostrare la propria presenza, arrivava a bordo di uno scooter in pantaloncini e infradito per timbrare al volo il cartellino e fuggire il prima possibile. Altri si prestavano a fare timbrature multiple, per attestare la presenza in servizio di colleghi mai presentatisi. L’intero sistema sarebbe stato smascherato dagli investigatori delle Fiamme gialle attraverso videoriprese, appostamenti, pedinamenti ed esami documentali, che hanno fatto emergere “numerosi e reiterati episodi di assenteismo“. Risultato? La telecamera nascosta, nel giro di poco più di tre mesi, ha registrato oltre mille casi di infrazione nell’attestazione degli orari, che a loro volta hanno determinato la falsa rendicontazione di circa 2.500 ore di servizio mai prestate a favore del Comune di Palermo. “Purtroppo registriamo ancora una volta la sistematica violazione dei principi di diligenza, lealtà e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare“, conclude il generale Quintavalle.