Dopo vent’anni l’Italia ritira le sue truppe dall’Afghanistan. 8,4 miliardi di euro e un costo in termini di vite umane inaccettabile
Si avvia la procedura di ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan dopo vent’anni di pallottole, di bombe, di tragedie e di contestazioni. La nostra presenza nel paese infatti era iniziata a ottobre 2001, all’indomani dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York che aveva scatenato una rappresaglia da parte degli Stati Uniti nei confronti dell’allora governo locale sostenuto dai talebani.
L’annuncio del ritiro, già programmato da mesi, arriva dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini ed è in linea con quanto deciso dal presidente USA Joe Biden e dalla Nato, che intendeno chiudere il ritiro entro l’11 settembre, data simbolica dell’inizio di un ventennio molto travagliato.
Il ritiro delle 800 truppe italiane sarà dunque progressivo, anche per evitare disordini in un paese instabile. “Non vogliamo che l’Afghanistan torni ad essere un luogo sicuro per i terroristi – ha detto Guerini -. Vogliamo continuare a rafforzare questo Paese dando anche continuità all’addestramento delle forze di sicurezza afghane per non disperdere i risultati ottenuti in questi 20 anni. Negherei dicendo che il quadro dell’Afghanistan si svilupperà in modo tranquillo e sereno accompagneremo le attività in campo economico e civile“.
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Le cifre della più lunga operazione militare dell’Italia in un territorio straniero sono enormi, e non solo in termini di denaro. Stando alle cifre del 2020, l’Italia ha speso 8,4 miliardi di euro, soldi a cui si dovranno aggiungere i non pochi costi di rientro. L’anno in cui è stato speso di più fu il 2011, quando la nostra presenza nel paese contava il record di truppe con 4.250 soldati impiegati e gli stanziamenti diretti erano di circa 914 milioni di euro annui. Numeri cresciuti negli anni se si pensa che all’inizio l’operazione costò 822 milioni con 350 truppe impiegate. Non solo, all’interno dell’enorme cifra vanno calcolati anche i costi di addestramento per le truppe locali. La cifra stanziata per questo è stata di 120 milioni di euro ogni anno negli ultimi sei anni. Il totale, facile, è di 720 milioni di euro.
Ma è in termini di vite umane che dobbiamo fare i conti più drammatici: 53 i morti italiani nell’operazione in Afghanistan tra i circa 50mila soldati tricolori passati nel paese dal 2001 a oggi. Per gli Stati Uniti le vittime sono state 2.178, per il Regno Unito 448, nel Canada 157, Francia 88 e Germania 54. L’Italia si posiziona in questa orrenda classificata dunque al sesto posto.
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Alla fine di tutto questo è lecito chiederci se davvero fosse necessario partecipare all’intervento militare in Afghanistan voluto dagli USA. Le responsabilità di Kabul negli attentanti dell’11 settembre non sono mai stati dimostrate, in compenso gli americani hanno speso 2.000 miliardi di dollari per invadere una nazione e il numero di vittime, di tutte le vittime, è 38mila, senza contare gli invalidi e gli orfani, l’ulteriore instabilità creata in quell’area, le tensioni con le nazioni limitrofe e, beffa finale, i talebani controllano ancora una porzione importante di paese.
Sarebbe bastato rileggere e mettere in pratica l’articolo 11 della Costituzione italiana per capire che non era il caso: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali“. Quest’ultimo punto in particolare avrebbe dovuto chiarire ai governi italiani succedutisi in questo lungo periodo, che la soluzione militare, oltre che illegale, non avrebbe risolto nulla.
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