Il Ddl Zan è stato calendarizzato in Senato il 13 luglio, quando potrà avere il via l’iter di approvazione in Aula. Il voto potrebbe essere a scrutinio segreto. Basta la richiesta di una ventina di senatori per evitare il voto palese. Per questo inizia la conta per capire se ci sono i numeri, o eventuali franchi tiratori (che potrebbero nascondersi in entrambi gli schieramenti).
Il Ddl Zan approderà in Senato il 13 luglio, quando si potrà dare il via all’iter di approvazione della proposta di legge in Aula. Il testo, a lungo contestato (ma mai discusso adeguatamente), continua a infuocare il dibattito politico e mediatico. E gli schieramenti fanno fatica a giungere a una soluzione di compromesso. Le proposte presentate da Italia viva sono state etichettate come “irricevibili” da Pd e M5s, preoccupati che eventuali modifiche al testo a questo punto dell’iter legislativo possano affossare il testo alla Camera. Il tentativo di Italia viva – stando a quanto dicono i suoi esponenti – sarebbe stato invece quello di trovare una mediazione tra il fronte di centrodestra e centrosinistra. Pd e M5s, tuttavia, vedono dietro la richiesta un tentativo pretestuoso per bloccare la proposta di legge.
I due partiti sono allora decisi ad andare alla conta in Senato. I numeri ci sono, ripetono. Ma la conta va condotta nella maniera più accurata possibile, considerando lo spettro dello scrutinio segreto (che può essere richiesto – da regolamento – da una ventina di senatori). Per prima cosa, ad ogni modo, la presidente Casellati dovrà aprire i termini per la presentazione degli emendamenti. A quel punto si teme la pioggia di modifiche presentata soprattutto dal centrodestra. Italia viva, attraverso Davide Faraone, fa sapere: “Noi formalizzeremo le nostre tre proposte di modifica per arrivare a un testo che ricalca il Ddl Scalfarotto presentato nel 2018 a Montecitorio. Per noi l’unico in grado di passare con una maggioranza ampia. E non chiederemo il voto segreto“. Molto probabilmente, però, qualcuno chiederà lo scrutinio segreto, e a quel punto potrebbero agire i franchi tiratori presenti – a detta di molti di Italia viva – anche tra le fila di Pd e M5s.
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Stando a quanto ricostruito dalla Repubblica, le dichiarazioni lasciano trasparire un fronte giallorosso abbastanza unito, a cui si aggiungono i 6 eletti del gruppo dell’Autonomia. Restano però in dubbio i numeri al Misto, con 46 senatori dalla provenienza politica estremamente eterogenea (tra cui 6 di LeU, Bonino, Richetti a favore del sì, 7 ex forzisti di Cambiamo, 4 ex grillini). Senza contare i senatori che agiscono in maniera assolutamente svincolata, come Lello Ciampolillo e Paola Nugnes (a favore) o Giarrusso, Paragone e Causin (contrari). Secondo De Petris i favorevoli a respingere gli emendamenti potrebbero essere almeno una ventina. In base a questi calcoli, l’ago della bilancia potrebbe cadere proprio su tre senatori di Forza Italia e sui 17 senatori di Italia viva. Intanto Renzi ha già fatto sapere di voler votare a favore, anche in caso di mancata intesa sulle proposte avanzate dal suo partito. Ma ha anche aggiunto: “Io dirò sì e potrò anche provarlo, ma su un paio dei miei non ci metto la mano sul fuoco“. Una frase che potrebbe esser messa in bocca anche al segretario del Pd Enrico Letta: all’interno dei dem, infatti, si prevedono circa 3 o 4 defezioni (Taricco, Collina, Margiotta, forse la Messina e Marcucci).
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A questo punto, le variabili si moltiplicano, e la questione diventa sempre più confusa. La senatrice di Italia viva Annibali assicura che i senatori di Iv voterebbero il Ddl Zan senza modifiche al Senato: “Ma certo che lo voteremo, abbiamo sempre detto in modo chiaro che non faremo mancare i nostri voti. Veramente in questi giorni si parla solo del cambio di linea di Renzi. Tentare una mediazione per assicurare alla legge un percorso più sereno non significa essere contrari“. Ma dice anche, a proposito della possibilità di votare gli emendamenti della Lega: “Si possono votare emendamenti, anche di altri partiti, solo se non snaturano il senso complessivo della legge e se sono condivisi nel merito“. Ebbene, su questo punto la Lega continua fino all’ultimo la sua battaglia, e al Messaggero invoca persino la Santa Sede (come se fosse lecito in un dibattito parlamentare laico): “La Santa Sede, molte associazioni di lesbiche e di femministe, realtà gay, tutto il centrodestra, Italia Viva e parecchi parlamentari di sinistra, tutti invitano al dialogo. Ma Pd e 5Stelle non sentono ragioni, piuttosto che una nuova legge preferiscono buttare tutto a mare. È incredibile e irragionevole”.
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Posizioni che incontrano un netto rifiuto del Pd, che attraverso le parole di Zanda afferma su La Stampa: “Sono chiare le intenzioni politiche di Salvini e della destra: la legge semplicemente non la vogliono. Chiedono di modificarla al Senato per poi farla insabbiare alla Camera“. Eppure, come anticipato, il fronte Pd non sembra godere di una completa compattezza. A lasciar trapelare le varie indecisioni è il senatore Pd Mino Taricco, affermando al Corriere: “Sono convinto che ci sia spazio per un buon lavoro di mediazione sul ddl Zan, è importante farlo per una legge così delicata“, dice il senatore Pd Mino Taricco aggiungendo “non so ancora come voterò, spero che ci sia spazio per una mediazione che sarebbe utile alla legge“.
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Una mediazione cercata soprattutto in merito all’ormai famoso articolo 1, e in merito all’identità di genere, perché “approfondisce una discussione di natura antropologica, quando questa legge nasce per prevenire e sanzionare quegli atti che sono di discriminazione e di violenza legati all’omotransfobia. Su questo avrebbe dovuto concentrarsi“. Per questa serie di motivazioni è ancora difficile capire cosa accadrà dal 13 luglio in poi. Intanto una cosa è certa: sono in tanti a dire di volere questa legge, in tanti a dire di essere pronti a votarla senza modifiche. Ma sono anche in tanti a proporre emendamenti. Nel mezzo, i senatori di Italia viva, voti cruciali, che potrebbero esser aperti ad entrambi gli scenari.
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