Foto di armi improprie per far pensare che i detenuti volessero ribellarsi. Poi il tentativo, non riuscito, di eliminare le immagini delle telecamere di video sorveglianza
L’indagine della magistratura sui pestaggi dei detenuti il 6 aprile 2020 nel carcere «Francesco Uccella» di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), sta andando avanti con gli interrogatori degli agenti finiti in manette lunedì scorso. Tuttavia, è una vicenda che sta avendo importanti ricadute anche dal punto di vista politico.
Intanto il ministro della Giustizia, Marta Cartabia ha indetto una convocazione per il 15 luglio per tutti i provveditori regionali.
Nell’indagine è coinvolto il funzionario che fino a qualche giorno fa era a capo dell’ufficio della Campania, Mario Fullone, sospeso per 8 mesi su ordine del gip. Dall’inchiesta emerge che Fullone in quel periodo informò l’allora capo del Dap Francesco Basentini di quanto stava accadendo all’«Uccella», ma non menzionò i pestaggi, che lui afferma di aver ignorato finché non sono giunte le notizie sui giornali.
Nel frattempo Leu, con i senatori Sandro Ruotolo, Loredana De Petris e Vasco Errani, pone l’accento sull’urgenza di «introdurre idonee misure atte a rendere identificabile il personale delle forze dell’ordine coinvolto in una determinata operazione».
Matteo Salvini, invece, leader della Lega si è recato ieri in visita al carcere di Santa Maria Capua Vetere, e ha incontrato gli agenti di turno e il direttore Elisabetta Palmieri, ma ha deciso di non far visita ai detenuti.E sul personale di polizia indagato, ha detto: «chi sbaglia paga, soprattutto se indossa una divisa. Questo non vuol dire però infamare e mettere a rischio la vita di quarantamila uomini e donne della penitenziaria che rendono questo Paese più sicuro. La giustizia faccia il suo corso, e se ci sono stati abusi vanno puniti».
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Intanto, per ciò che concerne gli interrogatori, i primi sentiti mercoledì dal gip non hanno risposto o si sono limitati a dare una propria dichiarazione. Gli interrogatori sono incentrati su quei pestaggi feroci da portare il gip a indagare per reato di tortura, ma c’è anche altro. Diversi poliziotti sono anche accusati di aver provato a depistare le indagini inquinando prove o creandone di false.
Dalle chat Whatsapp è emerso che mentre i detenuti si trovavano fuori, nelle celle vuote erano scattate foto di sbarre di ferro o armi improprie che i poliziotti portavano lì per far incolpare i detenuti. In questo modo volevano far credere che i detenuti si fossero attrezzati per assalire i poliziotti. L’inchiesta ha stabilito anche che avevano tentato di cancellare le immagini dalle videocamere di sorveglianza, ma senza successo.
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