Continuano le polemiche sul gesto simbolico delle squadre nazionali degli Europei 2021: alcune hanno deciso di inginocchiarsi in omaggio al movimento Black Lives Matter, altre hanno deciso di restare in piedi. L’Italia ha deciso di inginocchiarsi solo se lo fa la squadra avversaria. Ma la vicenda si sposta anche sui muri delle città: l’organizzazione giovanile di CasaPound avrebbe sostituito il murale di Harry Greb in via dei Neofiti a Roma: non più il giocatore azzurro col pugno chiuso, ma l’immagine di un giocatore con il braccio teso (la riproposizione di un manifesto fascista degli anni ’30).
Per alcuni è solo un simbolo che non risolverà il problema delle discriminazioni razziali. In più, lo sport non deve occuparsi di politica, ripetono. Per altri, i simboli hanno un valore culturale proprio da non trascurare, anche e soprattutto se lanciati in ambito sportivo. Sembrano questi i fronti, le due opinioni venutesi a creare intorno alla pratica adottata da alcune squadre all’Europeo 2021 (e adottata a intermittenza dall’Italia): inginocchiarsi prima della partita per mostrare vicinanza alle lotte del Black Lives Matter. Gli Azzurri, dopo un inizio spaiato, hanno deciso di inginocchiarsi solo se la squadra avversaria deciderà di farlo, in rispetto delle posizioni della squadra avversaria. Tralasciando l’assurdità di svuotare il gesto simbolico riducendolo a una strizzata d’occhio alle posizioni della squadra avversaria, invece di rivendicarlo come adesione a una lotta comune, è chiaro che la questione non muore nel campo da calcio. La discriminazione razziale esiste, anche in Italia, e il non volerne parlare, il non voler sodalizzare con le rivendicazioni del Black Lives Matter, non ne eliminerà i sintomi.
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Ne è un esempio quanto avvenuto a Roma, in via dei Neofiti, dove un murale di Harry Greb contro il razzismo è stato manomesso (o meglio, sostituito) dall’organizzazione giovanile di CasaPound. Il murale originario invitava la nazionale italiana ad aderire al gesto simbolico in favore dei Black Lives Matter, rappresentando un giocatore azzurro in ginocchio, con il pugno chiuso e la scritta: “Do the right thing”. Dopo il bliz del blocco studentesco, ora sul muro si vede l’immagine di un giocatore in piedi, con il braccio teso e la scritta “Resta in piedi Italia”. Lo sguardo del giocatore è rivolto è rivolto all’orizzonte, in piena retorica fascista che usava volgere lo sguardo alle colonie in Africa orientale.
Luca Marsella, consigliere del X Municipio di Casapound, commenta: “La nostra è una provocazione per dire che l’invito a inginocchiarsi, fatto anche da tanti politici del Pd, non c’entra nulla con il razzismo, ma è solo una richiesta di sottomissione al nostro popolo. Il calcio deve stare fuori da queste logiche”. Non sembrerebbe, visto che quello stesso calcio è utilizzato da CasaPound per riproporre la retorica del fascismo. “Alla vigilia della partita Belgio-Italia di stasera, i ragazzi di ‘Blocco studentesco’ hanno deciso di coprire il murale, protagonista di tanti interventi e interviste di politici, con un manifesto degli Anni ’30 per dire che i nostri giocatori non si devono inginocchiare ma devono restare in piedi e speriamo anche sia di buon auspicio, visto che gli anni ’30 furono un periodo glorioso per l’Italia ai mondiali di calcio“.
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La realtà è che sostituire un murale contro la discriminazione razziale con un manifesto fascista del ’34, al di là di quanto sostenuto dal blocco giovanile di CasaPound, c’entra eccome con il razzismo. E il motivo è auto-evidente. La verità è che spesso quando non si è d’accordo con una rivendicazione civile, se ne attaccano i contorni: si dice che inginocchiarsi è un brutto gesto che lascia pensare alla sottomissione, che il calcio non deve occuparsi di politica. La verità è che tutto è politica, persino lo sport, e lo è sempre stato. D’altronde, il blocco di CasaPound ha riproposto proprio un manifesto del ’34 con gli Azzurri raffigurati in piena retorica fascista. La verità è che il gesto simbolico forse non risolve il problema, ma – in quanto presa di posizione chiara – restringe lo spazio dell’ambiguità, occupa lo spazio della rivendicazione sociale, per evitare che quello spazio se lo prenda qualcun altro. A partire dai muri.
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