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Politica

Cosa sappiamo sulle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

La ministra della Giustizia Marta Cartabia commenta le immagini delle violenze compiute dagli agenti della Polizia penitenziaria nei confronti dei detenuti del carcere campano di Santa Maria Capua Vetere: si tratta di “un tradimento della Costituzione“. Le parole si riferiscono ai pestaggi avvenuti il 6 aprile 2020, ora riportati da video diffusi dal quotidiano Domani. Cosa è successo esattamente?

MeteoWeek.com (dal video pubblicato su “Domani”)

Un tradimento della Costituzione”, afferma la ministra della Giustizia Marta Cartabia a proposito delle immagini diffuse dal quotidiano Domani su quanto avvenuto il 6 aprile 2020 all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Protagonisti delle immagini provenienti dal circuito chiuso, diversi agenti della polizia penitenziaria del carcere campano, che avrebbero inferto violenze e pestaggi ingiustificati e ingiustificabili ai danni dei detenuti della struttura. Le violenze hanno avuto luogo un giorno dopo la protesta dei detenuti. La manifestazione di dissenso era scaturita dai timori per la diffusione del Covid-19 all’interno della struttura, timori alimentati anche dal dilagare della notizia di un presunto caso di contagio tra i detenuti.

I pestaggi

Ebbene, nonostante la protesta si sia placata nel giro di qualche ora, nonostante la tensione si fosse ormai distesa, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere la questione non è morta lì: gli agenti della polizia penitenziaria gradiscono l’atteggiamento del comandante, e – stando al Corriere – ne viene informato il provveditore del Dap Antonio Fullone. Fullone decide di dare allora un “segnale forte” agli agenti: scrive alla direttrice reggente e le comunica che “l’unica scelta è quella di usare la forza. Tecnicamente è il direttore che impartisce l’ordine (della perquisizione, ndr). Puoi fare riferimento che viene dato di intesa con me“. Parte così la perquisizione straordinaria (leggasi spedizione punitiva), e il giorno dopo scattano i pestaggi. I detenuti vengono presi a manganellate sulla testa e sulla schiena, sono costretti a uscire dalle celle e vengono obbligati a raggiungere la sala comune, previo attraversamento di un corridoio infernale: i poliziotti si dispongono ai due lati del corridoio e picchiano i detenuti che vengono fatti sfilare per le botte. Quindici detenuti vengono spediti in isolamento per alcuni giorni con addosso ancora il sangue del pestaggio. E non solo.

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I testimoni

Oltre ai video, a sconvolgere sono anche le testimonianze. Il 17 aprile 2020 un detenuto del carcere denuncia per la prima volta quanto avvenuto nella struttura. Salvatore Quaranta, oggi agli arresti domiciliari, racconta: “Domenica 5 aprile siamo venuti a sapere che in un reparto c’era un caso di coronavirus. Temevamo di infettarci tutti, così abbiamo iniziato una protesta pacifica, con la battitura delle sbarre. Il giorno dopo, verso le 15.30, sono arrivati in reparto circa 300 agenti in assetto antisommossa, sono entrati in tutte le celle e ci hanno riempito di botte. Ad alcuni, tenendoli bloccati, hanno anche tagliato la barba. Poi ci hanno scaraventato fuori le celle, 4 alla volta, e ci hanno massacrato finché non siamo arrivati giù, nel cortile. Poi ci hanno fatto risalire ed è ricominciato il pestaggio a ritroso: dal cortile alla cella. Ci dicevano ‘da oggi comandiamo noi, voi non siete più nessuno, siete la feccia della società’. La notte mi sveglio all’improvviso e rivivo tutto quello che è successo“.

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E Bonafede?

MeteoWeek.com (da Getty Images)

Sulla vicenda, sulle immagini, pesa l’assenza dello Stato, quello Stato che doveva essere rappresentato dagli agenti protagonisti delle vicende. Dov’era l’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede? In un’intervista a Open Riccardo Magi di +Europa Radicali riferisce di aver allertato il Guardasigilli del tempo attraverso un’interpellanza urgente presentata lo scorso ottobre. Risposta? “A ottobre feci un’interpellanza al ministro della Giustizia Bonafede ottenendo una risposta abbastanza sconcertante da parte del sottosegretario di Stato Vittorio Ferraresi, delegato dal ministro. Parlavano di ‘perquisizione straordinaria’ e soprattutto di una ‘doverosa azione di ripristino della legalità e agibilità dell’intero reparto del carcere di Santa Maria Capua Vetere'”.

Sono 52 gli indagati sospesi

Ebbene, quella “doverosa azione di ripristino della legalità” ha ora portato alla sospensione da parte del ministero della Giustizia di tutto il personale coinvolto nelle indagini: sono 52 gli indagati sospesi, tra dirigenti e agenti di polizia penitenziaria. Il Dap, inoltre, sta valutando ulteriori provvedimenti anche nei confronti di altri indagati non destinatari di iniziative cautelari. Disposta anche un’ispezione straordinaria nell’istituto del Casertano, ispezione che si svolgerà appena verrà emesso il nulla osta da parte dell’autorità giudiziaria.

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L’attuale ministra della Giustizia Marta Cartabia avrebbe parlato di “un’offesa e un oltraggio alla dignità della persona dei detenuti e anche a quella divisa che ogni donna e ogni uomo della Polizia Penitenziaria deve portare con onore, per il difficile, fondamentale e delicato compito che è chiamato a svolgere”. Sulla vicenda saranno necessarie ulteriori indagini, ovviamente, ma – fatti salvi aggiornamenti del caso – Cartabia avrebbe già parlato di “un tradimento della Costituzione: l’art.27 esplicitamente richiama il ‘senso di umanità, che deve connotare ogni momento di vita in ogni istituto penitenziario“. In mattinata, infatti, la ministra avrebbe convocato d’urgenza una riunione straordinaria nel dicastero proprio per parlare del caso, convocando il capo del Dap, Bernardo Petralia, il Garante nazionale delle persone private della libertà, Mauro Palma, e il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. La vicenda sembra solo all’inizio, o almeno si spera.

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