A meno di un anno dalle manette e dal sequestro della caserma Levante – prima volta in Italia – arriva il verdetto nei confronti di chi con comportamenti di “eccezionale gravità ha offeso i carabinieri che lavorano in silenzio e con spirito servizio”, le parole usate dal procuratore capo nella requisitoria dello scorso aprile.
Tutti condannati i 5 Carabinieri coinvolti nello vucenda della Caserma Levante di Piacenza. Le pene vanno dai 12 ai 3 anni e 4 mesi. I carabinieri a processo con rito abbreviato, che garantisce quindi la riduzione di un terzo della pena, per torture, violenze, traffici di droga, estorsioni e rapine. Il gup, Fiammetta Modica, ha accolto sostanzialmente le richieste dei sostituti procuratori Matteo Centini e Antonio Colonna, che hanno svolto le indagini coordinati dal procuratore Grazia Pradella.
Nell’aula di Piacenza Expo, trasformata in tribunale per rispettare le norme anti Covid, era stato il pm Antonio Colonna a ricostruire “il sistema Levante” e a spiegare le responsabilità di tutti gli imputati “accecati dall’arroganza di chi si crede al di sopra delle regole”, capaci di tenere in piedi un sistema parallelo fatto di menzogne, di sequestri di droga rivenduta attraverso pusher di fiducia, di arresti ‘architettati’ per aumentare le statistiche, di pestaggi con modalità tali da configurare la tortura. Traspare il disprezzo nell’elencare i presunti illeciti commessi dai cinque carabinieri che hanno scelto l’abbreviato – consente lo sconto di un terzo della pena – per difendersi da una sfilza di reati che spaziano dallo spaccio di droga al peculato, dal falso alle lesioni e alla tortura.
“C’è gente che indossa la divisa con onore e per questo leggere questi fatti é motivo di umiliazione e vergogna. Dedico il mio intervento a queste donne e a questi uomini valorosi”, uno dei passaggi dell’intervento davanti alle parti civili, tra cui alcune associazioni di carabinieri. Le motivazioni saranno rese note tra 90 giorni.
Le pene
È di 12 anni la pena maggiore, ed è stata inflitta all’appuntato Giuseppe Montella, colui che, secondo l’accusa, è ritenuto il leader del gruppo. Ha ammesso le sue responsabilità – dichiarando di aver preso parte a gran parte dei circa 60 episodi contenuti nel capo di imputazione (per fatti avvenuti dall’ottobre 2018 al giugno 2020) -, ma ha sempre sostenuto di non aver agito da solo. La procura aveva chiesto 16 anni e 10 mesi. Un sesto carabiniere ha scelto di proseguire il processo con il rito immediato, mentre un’altra decina di persone coinvolte, tra spacciatori e complici, hanno patteggiato. Condannati anche gli altri componenti del gruppo: 8 anni all’appuntato Salvatore Cappellano, sei all’appuntato Giacomo Falanga, tre anni e quattro mesi al carabiniere Daniele Spagnolo e quattro all’ex comandante di stazione Marco Orlando. Le indagini sono ancora aperte su eventuali omissioni da parte della catena di comando dei Carabinieri.
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Arma ‘non ci saranno sconti per nessuno’
In relazione alla sentenza di condanna di primo grado emessa oggi dal Tribunale di Piacenza nei confronti dei militari già effettivi alla Stazione di Piacenza Levante, l’Arma dei Carabinieri – “esprime ancora una volta il proprio dolore su una vicenda molto grave poiché è inaccettabile che i carabinieri possano tenere comportamenti inaccettabili e di gravità inaudita e ledere gli interessi dei cittadini”. “Con responsabilità accertata, – prosegue il comunicato dell’Arma – non ci saranno sconti per nessuno. Chi sbaglia pagherà oltre che sul piano penale, anche su quello civile (anche con risarcimento dei danni economici) e disciplinare”. “Tutti i militari a giudizio, a suo tempo, furono immediatamente sospesi dal servizio e altri più gravi provvedimenti – sottolinea la nota dell’Arma – saranno adottati se ci sarà sentenza definitiva di condanna. L’Arma, nel procedimento in corso, si è costituita parte civile, per rispetto dei cittadini e degli oltre 100 mila carabinieri che ogni giorno lavorano con sacrificio e rischio personale al fianco degli italiani”. “A seguito dei fatti di Piacenza, l’Arma nel rispetto del principio di trasparenza istituzionale, ha fortemente potenziato l’azione di comando a tutti i livelli gerarchici e ha adottato più moderne modalità per accrescere l’efficacia dei controlli. Inoltre è stata costituita una struttura con compiti di audit, per rafforzare la costante attività di verifica sul funzionamento dei reparti sino a livello stazione e sono state adottate ulteriori iniziative per la formazione del personale”, conclude il comunicato.