Dopo quasi 7 ore di confronto, governo, sindacati e imprese hanno firmato l’accordo che impegna le aziende ad utilizzare gli ammortizzatori sociali prima di procedere ai licenziamenti: la proroga del blocco dei licenziamenti (in scadenza il 30 giugno) dovrebbe riguardare solo i settori del tessile, le scarpe e moda. Intanto il ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta in un’intervista al Corriere commenta l’accordo affermando: “Il confronto con i sindacati” ha anche responsabilizzato “fortemente le parti sociali: sindacati e imprese sono stati invitati a usare tutta la cassetta degli attrezzi disponibile per la gestione degli esuberi“.
L’accordo sullo sblocco dei licenziamenti c’è: dopo quasi 7 ore di confronto, governo, sindacati e imprese raggiungono un punto fermo che impegna le aziende a utilizzare gli ammortizzatori sociali prima di procedere ai licenziamenti. Stando a quanto deciso dalla cabina di regia, la proroga del blocco dei licenziamenti – in scadenza il 30 giugno – dovrebbe riguardare solo i settori maggiormente in crisi, come tessile, scarpe e moda. A decretarlo ufficialmente è un documento congiunto, firmato dal premier Mario Draghi, dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, dai leader di Cgil, Cisl e Uil e da Confcooperative, Cna, Confapi e Confindustria.
Inoltre, è stata anche prevista l’istituzione di un tavolo di monitoraggio a Palazzo Chigi con lo scopo di seguire eventuali emergenze sociali legate allo sblocco dei licenziamenti. A riassumere le decisioni prese, un testo diffuso in serata da Palazzo Chigi, che afferma: “Le parti sociali alla luce della soluzione proposta dal Governo sul superamento del blocco dei licenziamenti, si impegnano a raccomandare l’utilizzo degli ammortizzatori sociali che la legislazione vigente ed il decreto legge in approvazione prevedono in alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro. Auspicano e si impegnano, sulla base di principi condivisi, ad una pronta e rapida conclusione della riforma degli ammortizzatori sociali, all’avvio delle politiche attive e dei processi di formazione permanente e continua”. Sulla questione è intervenuto anche il ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, che in un’intervista al Corriere ha affermato: “Nella cabina di regia convocata dal presidente Draghi si è discusso, ma alla fine abbiamo trovato una soluzione intelligente, nella quale mi riconosco”. In che modo?
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Brunetta sul blocco dei licenziamenti
“Il confronto con i sindacati ha poi perfezionato la ricetta, tenendo fermi i principi dello sblocco dei licenziamenti e della tutela dei settori e delle aziende più in crisi, ma anche responsabilizzando fortemente le parti sociali: sindacati e imprese sono stati invitati a usare tutta la cassetta degli attrezzi disponibile per la gestione degli esuberi e il governo monitorerà la situazione. Insomma, da un lato abbiamo evitato il ‘liberi tutti’ e dall’altro che il sistema rimanesse bloccato“, ribadisce Brunetta. Ma non solo. Nell’intervista il ministro ribadisce che l’unica soluzione per uscire da questa “stagione eccezionale” è tenere insieme crescita e giustizia sociale, alimentandoli vicendevolmente in un mix ben congegnato di “spiriti animali del mercato e regole“.
L’idea di Brunetta, si direbbe, è creare una nuova integrazione tra Stato e mercato. Per questo il ministro parla di “un nuovo Patto sociale, sul modello di quello per l’innovazione del lavoro pubblico che abbiamo già siglato il 10 marzo. So che c’è diffidenza verso la concertazione vecchio stampo. È comprensibile” ma “oggi come allora serve una stagione di dialogo che abbia come obiettivo la nuova Italia nella nuova Europa. Occorre una piena integrazione tra pubblico e privato e il decentramento delle soluzioni nei territori per togliere spazio e terreno a chi vuole accentrare il conflitto“.
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Il Recovery secondo Brunetta
Anche e soprattutto in vista del Pnrr, dice Brunetta. Poi il ministro aggiunge: è vero che il tempo a disposizione per l’attuazione del Pnrr è poco (5 anni), ma il Recovery potrebbe essere solo l’inizio di una lunga rinascita, se gestita nel modo adeguato: “Man mano che il Pnrr avrà successo l’Italia diventerà sempre più credibile e appetibile, sia per i capitali italiani sia per quelli esteri. Ai 250 miliardi di investimenti pubblici se ne potranno aggiungere almeno tre volte tanto da parte dei privati. Si potrebbe arrivare a più di mille miliardi in 5-8 anni“. Il modo per farlo è presto detto, ed è una ricetta politica più che economica. Alla fine il ministro scopre le carte e, a proposito dell’ipotesi di un partito unico di centrodestra, afferma: “Io sogno il partito del popolo, ovvero, seguendo la lezione del popolarismo europeo, un grande partito liberale di massa. E del resto, già oggi, io la mia casa ce l’ho: è il Ppe, il partito popolare europeo. E quando penso a questo rivedo la mia storia, le aspirazioni della mia vita, le battaglie della mia giovinezza di liberalsocialista“. Tra liberalsocialismo e socialdemocrazia, insomma. Ma siamo sicuri che il peso dello Stato e il peso del mercato siano gli stessi degli anni della sua giovinezza?