L’infettivologo Massimo Andreoni dice la sua sul green pass e spiega perché è un errore concederlo dopo la prima dose di vaccino
Concedere il green pass dopo la prima somministrazione di vaccino, come accade in Italia, secondo il primario del Policlinico di Tor Vergata Massimo Andreoni, è un errore «perché sappiamo che una dose sola copre meno in assoluto, e ancora meno contro la variante». L’infettivologo lo ha detto in un’intervista a Repubblica.
Andreoni spiega che «ad esempio, sappiamo che la protezione di una dose di AstraZeneca contro la variante Delta è del 33%. Dare un green pass a chi ha una copertura di un terzo sinceramente mi sembra tecnicamente non condivisibile. E infatti l’Europa consegna quel documento dopo la seconda. Capisco la volontà di soddisfare le richieste legate alla ripresa, non solo delle persone ma anche di gestori di locali come le discoteche. Però dare una carta a queste persone è un azzardo».
«Johnson&Johnson e AstraZeneca», prosegue Andreoni, «i vaccini a vettore virale, coprono dalla Delta al 69%, anche se sul primo vaccino ci sono meno studi. I vaccini a Rna messaggero, Pfizer e Moderna sono al 79%. Tutti i vaccini, però, spiega il primario, coprono dalle forme gravi di malattia dopo il secondo ciclo.
«Nel nostro ospedale abbiamo avuto due casi di variante Delta. Il primo era un uomo non vaccinato che ha avuto una forma semplice di malattia. La seconda è una novantenne che aveva fatto le due dosi di Pfizer di cui la seconda una settimana prima di infettarsi. È ancora ricoverata ed è più grave, a causa di un’insufficienza respiratoria. Probabilmente, essendo una novantenne, avrebbe avuto una evoluzione sfavorevole se non fosse stata vaccinata», ha detto.
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Per coloro che hanno ricevuto solo la prima dose, «l’appello è di stare attenti, anche se hanno il green pass. Israele, ad esempio, ci ha messo poco a veder peggiorare la situazione. La variante Delta si sta diffondendo in modo preoccupante, bisogna che le persone se ne rendano conto». Quel che teme il primario è «il rallentamento della vaccinazione soprattutto nelle categorie fragili, visto che sono scoperti ancora 2,6 milioni di ultrasessantenni. E poi sui vaccini c’è stata troppa confusione».
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