Lite per i soldi nella famiglia Garavoglia, eredi della Campari, uno dei marchi italiani più conosciuti al mondo
Rischia di finire in un aula di Tribunale la saga familiare con protagonisti i Garavoglia, eredi della Campari, uno dei marchi italiani più conosciuti al mondo: da una parte un fratello e una sorella, dall’altra la sorella esclusa dall’inventario dell’eredità della madre.
A chiedere il processo, stando alla notizie pubblicate sul Il Corriere della Sera, è il pm di Milano Stefano Civardi che accusa di concorso in falso ideologico Luca Garavoglia, 52 anni, presidente del gruppo Campari, accreditato di un patrimonio personale di 5 miliardi di dollari che lo colloca al 689 posto nella classifica Forbes dei più ricchi al mondo, la sorella Alessandra, 61 anni, 859/a nella classifica con 4,1 miliardi di dollari, il loro zio Michele Magno e il loro procuratore Giovanni Berto, mentre il notaio di Saronno (Varese) Carlo Munafò è accusato di omissione di atti d’ufficio.
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Dopo la morte di Domenico Garavoglia nel ’92 – scrive il quotidiano – i rapporti tra i fratelli si deteriorano e nel 2000 Maddalena, accusando di essere stata estromessa dalla Campari con un aumento di capitale, fece causa a Luca, Alessandra e alla madre. Sei anni dopo vinse il processo ottenendo 100 milioni di euro di risarcimento. Una frattura talmente insanabile che nel 2010 Rosa Anna Magno nominò suoi eredi universali solo Luca e Alessandra imponendo che alla sua morte non fosse permesso a Maddalena e ai suoi figli di accedere alla camera mortuaria.
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Rosa Anna è deceduta nel 2016 lasciando un patrimonio di 3,3 miliardi di dollari. Maddalena, venuta a sapere che l’inventario dei beni della madre era stato fatto nel 2017 in sua assenza dal notaio, dallo zio (esecutore testamentario della sorella Rosa Anna) e dal procuratore che agiva per conto dei fratelli (che erano assenti) presentò una querela assistita dall’avvocato Giacomo Lunghini. Chiuse le indagini, il pm Civardi ora accusa il notaio di non aver avvisato Maddalena e Magno e Berto di aver dichiarato nel verbale che non esistevano “altre persone aventi diritto ad assistere” all’inventario.