Da Draghi alla Merkel da Macron a Sanchez. Sono 16 i capi di Stato di Paesi Ue che si sono mossi contro l’Ungheria e la sua legge che discrimina i diritti della comunità Lgbt.
Sedici capi di Stato e di governo di paesi appartenenti all’Ue hanno inviato una lettera ai vertici dell’Unione europea. Tra i leader che hanno preso parte alla battaglia per difendere i valori dell’Unione Angela Merkel, Emmanuel Macron, Mario Draghi e Pedro Sanchez. Nella lettera ai vertici dell’Ue, i leader hanno ribadito il loro impegno per la difesa dei valori fondamentali dell’Unione.
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“Dobbiamo continuare a combattere contro le discriminazioni nei confronti della comunità Lgbt, riaffermando la difesa dei loro diritti fondamentali“, scrivono i leader nella lettera, pubblicata via social dal premier lussemburghese Xavier Bettel. Non viene menzionata esplicitamente l’Ungheria e la sua recente legge che vieta ai minori l’accesso a film e libri che ritraggano qualsiasi tendenza sessuale diversa dall’eterosessualità, ma il riferimento è piuttosto chiaro. Infatti, si legge che in occasione la giornata del Pride Lgbt “Sarà un giorno per ricordare che siamo società diverse e tolleranti, impegnate nel libero sviluppo della personalità di ciascuno dei nostri cittadini, incluso il loro orientamento sessuale e identità di genere. Sara’ inoltre un momento per celebrare che, negli ultimi anni, abbiamo fatto una lunga strada a favore di questi principi, che riteniamo essere il fondamento dell’Unione europea”.
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L’ultima mossa del premier magiaro preoccupa molti Paesi Ue, perché tocca i diritti fondamentali delle persone. I leader europei mettono in chiaro “L’odio, l’intolleranza e la discriminazione non hanno posto nella nostra Unione. Ecco perché, oggi e ogni giorno, sosteniamo la diversità e l’uguaglianza Lgbt in modo che le nostre generazioni future possano crescere in un’Europa di uguaglianza e rispetto“. La lettera è stata firmata da Belgio, Danimarca, Germania, Italia, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Cipro, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Olanda, Finlandia e Svezia. A mostrare il suo concerno per la legge ungherese anche il presidente Ue David Sassoli.
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