Si apre oggi la seconda giornata del Consiglio europeo e i toni potrebbero alzarsi nuovamente nello scontro con l’Ungheria: il tema non fa parte dell’agenda ufficiale ma il presidente Charles Michel ha richiesto che si parlasse del rispetto dei diritti civili in Ungheria in merito all’approvazione della nuova legge sull’educazione sessuale ai minori. Così la situazione resta incandescente, mentre la vicinanza con Orbán di altri leader europei potrebbe rischiare di incrementare ulteriormente la situazione di tensione. Intanto, la leader di Fdi Giorgia Meloni ha incontrato proprio Orbán.
L’iniziativa di diversi Paesi Ue, schierati in una dichiarazione congiunta, continua a restare al centro dei riflettori anche durante questa seconda giornata di Consiglio europeo. Il tema non fa parte dell’agenda ufficiale ma il presidente Charles Michel ha già deciso di porre ulteriormente l’attenzione sulla questione. Così, all’interno della lettera firmata dai 16 Paesi Ue non si parla esplicitamente di Ungheria ma l’intento è chiaro: “In occasione della giornata dell’orgoglio Lgbtq, il 28 giugno, e alla luce delle minacce contro i diritti fondamentali, ed in particolare il principio di non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, esprimiamo il nostro attaccamento ai nostri valori comuni fondamentali”, si legge nel documento. Al centro del dibattito c’è dunque la legge ungherese che aveva lo scopo di tutelare i bambini dalla pedofilia: la legge tuttavia era stata modificata radicalmente dopo l’inserimento di alcuni emendamenti rivolti ad accostare l’omosessualità alla pedofilia.
Il risultato della legge – approvata a metà giugno – riguarda il divieto di promuovere i programmi educativi da parte delle associazioni legate alla comunità LGBT+, insieme al divieto di diffondere informazioni sull’omosessualità, seguito dal divieto di richiedere un intervento per la riassegnazione del sesso. Un primo effetto della legge potrebbe essere, ad esempio, il divieto di diffondere in prima serata o ai minori serie tv come Friends o film come Harry Potter. Di fronte a tutto questo la Commissione europea, per parte sua, ha inviato una lettera alla ministra della giustizia ungherese Judit Varga in cui nella legge di Budapest si ravvisano gli estremi delle violazioni delle direttive sui servizi dei media audiovisivi, sull’e-commerce e sulla Carta dei diritti fondamentali. A questo punto il governo Orbán avrà tempo fino al 30 giugno per rispondere ai punti sollevati da Bruxelles. In caso di mancata intesa, l’Ue potrebbe decidere di ricorrere anche alla Corte di giustizia Ue, allungando notevolmente, però, i termini della risoluzione della disputa.
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La soluzione sembra tanto più complessa se si pensa alla radicalità della posizione di entrambi gli schieramenti. Da un lato c’è l’Europa della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che ha definito una vergogna il provvedimento del governo Orbán, l’Europa di Mark Rutte che ha dichiarato che non c’è posto in Europa per il Paese governato da Orbán, l’Europa di Draghi che ribadisce che l’articolo 2 del Trattato della Ue è stato scritto per un motivo preciso, perché l’Ue “ha una storia antica di oppressione dei diritti umani e per questo esiste l’articolo 2 del Trattato, e guarda che lo avete sottoscritto anche voi, è lo stesso che nomina la Commissione guardiana del Trattato stesso; spetta alla Commissione stabilire se voi l’avete violato o meno”.
Dall’altro lato l’Europa di Orbán che rifiuta tutte le accuse: “E’ sempre meglio leggere prima e poi reagire. Sono stato un difensore della libertà nel regime comunista dove l’omosessualità era punita. Difendo i diritti dei ragazzi omosessuali ma questa legge non riguarda questo, è su ogni tipo di interferenza sessuale, è sul diritto dei bambini e dei genitori, decide che il modo con cui educare i bambini appartiene solo ai genitori“. L’Europa della ministra della giustizia ungherese che risponde a Rutte sostenendo che “l’Ungheria non vuole lasciare l’Unione europea. Al contrario, vogliamo salvarla dagli ipocriti“.
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A quanto pare questa seconda Europa sarebbe quella più vicina alle posizioni di Meloni e Salvini. Il leader della Lega avrebbe commentato l’intera vicenda affermando di “aver letto la legge ungherese. Io ritengo che ogni Stato sia libero di decidere sulla propria organizzazione scolastica e universitaria, sull’organizzazione della giustizia“. Più cauta ma evidentemente schierata anche Giorgia Meloni, che ha incontrato Orbán e ha affermato di voler leggere la normativa prima di esprimere qualsiasi giudizio. A confermare la posizione di Fdi al fianco di Orbán, inoltre, arriva anche la dichiarazione di Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia: “L’Ungheria è una nazione sovrana, non entro nel merito della legge approvata quasi all’unanimità: strano che in Italia la sinistra rivendichi l’autonomia del proprio Parlamento sulla legge Zan e invece pensi che il Parlamento ungherese non possa essere sovrano”.
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A ribadire la vicinanza politica sarebbe stata anche Meloni, affermando che “per ora Fidesz (il partito di Orbán, ndr.) non ha fatto richiesta di ingresso in Ecr (il gruppo in Ue presideduto da Meloni stessa, ndr.)”. Tuttavia, se Orbán facesse un primo passo “sarei contenta di valutare la richiesta insieme agli altri componenti del gruppo e del partito”. Una mossa che sembra corteggiare il Fidesz, partito escluso dal Ppe e ora in cerca di una casa: il partito dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr) – dice Meloni – sarebbe “la collocazione naturale per il percorso di Fidesz”. E’ evidente, allora, che la situazione rischia di diventare sempre più complessa: se l’Ue decidesse di andare fino in fondo nella sua lotta alla legge, dovrebbe schierarsi non solo contro Orbán, ma anche contro coloro che nel frattempo si sono schierati dalla sua parte. Dall’altro lato, se i difensori di Orbán decidessero di proseguire nel consolidamento dell’alleanza, un’Ue ostile potrebbe rappresentare un problema non da poco. Al momento le dichiarazioni lasciano il tempo che trovano, quello di assumere i connotati di battaglie identitarie. Per comprendere chi riceverà il danno maggiore da questa situazione, sarà allora necessario attendere i fatti.
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