L’associazione umanitaria Emergency ha reso noti i i dati del progetto Costs of war della Brown University sulla guerra in Afghanistan. Il conflitto, in base alla ricerca, ha causato in venti anni oltre 241 mila morti. Altre centinaia di migliaia di persone – la maggior parte civili, tra cui anche molti bambini – inoltre avrebbero perso la vita a causa della fame, delle malattie e delle ferite conseguenti alle violenze.
Il bilancio dei morti della guerra in Afghanistan è drammatico. Uno studio, condotto a margine del progetto Costs of war dalla Brown University, ha rivelato che circa 241.000 persone sono rimaste uccise, mentre altre centinaia di migliaia, per lo più civili, hanno perso la vita per motivi legali al conflitto, iniziato nel 2001. Soltanto nell’ultimo decennio, inoltre, la missione di assistenza delle Nazioni Unite (Unama) ha registrato almeno 7.792 bambini deceduti e 18.662 feriti, molti dei quali mutilati. La situazione non sembra destinata a placarsi. Nei primi quattro mesi di quest’anno si è avuto un aumento del 29% di vittime civili rispetto allo scorso anno. L’avvento del Covid-19, infatti, ha contribuito a mettere ulteriormente in difficoltà la popolazione. La speranza è che al più presto possano arrivare i vaccini.
“Venti anni dopo l’invasione internazionale, quello che vediamo dai nostri ospedali e ambulatori di primo soccorso è un Paese sconvolto dalla guerra, in cui si stima che, secondo i dati del progetto Costs of war della Brown University, circa 241.000 persone siano rimaste uccise, mentre altre centinaia di migliaia, per lo più civili, sono morte a causa della fame, delle malattie e delle ferite causate dalle devastanti violenze”. Ad annunciare la drammatica stima è stato Marco Puntin. Il programme coordinator di Emergency si è espresso in merito a commento delle dichiarazioni rilasciate dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, nel corso dell’informativa in aula al Senato sulla conclusione della missione in Afghanistan.
I miglioramenti non sembrerebbero essere destinati ad arrivare in breve termine. “Con questi numeri e i combattimenti quotidiani in corso in ben 26 province del Paese è difficile parlare di ricostruzione del tessuto democratico e istituzionale anche le donne, i cui diritti civili sono stati spesso sbandierati come una delle ragioni dell’invasione, hanno pagato un prezzo pesantissimo, con oltre 3.000 morti e 7.000 feriti dal 2010, e con un bilancio particolarmente pesante nel 2020 di 390 decessi registrati”, ha sottolineato. Scontri in campo aperto, esplosioni di ordigni artigianali e omicidi mirati continuano a mietere vittime, nella maggior parte del casi innocenti.
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Un ulteriore nemico con cui l’Afghanistan deve confrontarsi, inoltre, è il Covid-19. “Oltre ai continui combattimenti la popolazione afgana si confronta oggi con un sistema sanitario incapace di fronteggiare la terza ondata di Covid-19 che sta stravolgendo il Paese: i Covid hospital non hanno più posti letto, non esistono vere terapie intensive, c’è una enorme difficoltà a reperire ossigeno e solo una minima parte della popolazione è stata finora vaccinata”, ha concluso Marco Puntin. I positivi al virus, in base alle stime del Comitato internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, nell’ultimo mese sono aumentati del 2.400%.
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