Falsa smentita del Cairo su un uomo che aveva accusato un ufficiale egiziano del pestaggio di Regeni
C’è un nuovo elemento da aggiungere a una serie di bugie egiziane sulla morte di Giulio Regeni. Si tratta di un memorandum depositato dall’Egitto nell’ambito del processo dei 4 ufficiali egiziani accusati del sequestro, di torture e del decesso del giovane ricercatore italiano, consegnato dal procuratore generale della Repubblica Araba, Hamada Al Sawi all’ambasciatore italiano Gianpaolo Contini, che è andato a prenderla di persona. In questo documento l’Egitto afferma che la ricostruzione fatta dalla Procura è inesatta, scrivendo una serie di argomentazioni già note e smentite dai fatti. C’è poi una risposta del Kenya a una rogatoria inoltrata dall’Egitto.
Come riporta Il Corriere della Sera, secondo il comunicato ufficiale del Cairo, il secondo documento «riporta la smentita di quanto era stato sostenuto circa un agente di polizia kenyano che avrebbe sentito un ufficiale di polizia egiziano, durante una riunione nella capitale del Kenya, che asseriva di aver avuto un ruolo nel rapimento e nell’aggressione di Regeni in Egitto».
In sostanza, dicono che le indagini italiane si basano su dichiarazioni di alcuni testimoni che avrebbero mentito. E a prova giungerebbe dal Kenya. Ci si riferisce al teste di Gamma, che aveva raccontato che nel 2017, in un ristorante a Nayrobi, aveva sentito il maggiore Sharif confessare a un collega kenyano di aver rapito e torturato Regeni nel gennaio 2016. Il nostro Paese aveva inoltrato una rogatoria per avere riscontri e lo stesso ha fatto l’Egitto.
Ergo, secondo il procuratore generale egiziano, «l’atto riporta la smentita di quanto era stato sostenuto circa un agente di polizia egiziano, durante una riunione nella capitale del Kenya che asseriva di aver avuto un ruolo nel rapimento e nell’aggressione di Regeni».
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Ma non è vero. Infatti la risposta del Kenya dice che «risulta impossibile provvedere all’esecuzione della richiesta dell’assistenza, in quanto gli elementi riportati non sono sufficienti per identificare l’ufficiale della polizia keniano oggetto della richiesta».
Ergo, non hanno mai scritto che non è vero, ma che non sanno. Perché l’Egitto racconta bugie? Potrebbe essere un depistaggio. Nel documento si legge:«La procura generale egiziana ritiene i sospetti delle autorità investigative italiane il risultato di conclusioni scorrette, esagerate e logicamente inaccettabili, contrarie alle regole penali internazionali compresa la presunzione d’innocenza e la necessità di fornire prove inconfutabili per gli indagati per processarli». Da qui scaturisce un altro dubbio? Perché il nostro ambasciatore è andato a ritirare personalmente quel fascicolo di insulti? Dato che l’Egitto non ha mai voluto cooperare, tanto da non aver voluto dare neppure gli indirizzi degli imputati? L’unica cosa sicura è che il 14 ottobre il processo ai 4 ufficiali egiziani avrà inizio.