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Politica

Via libera dell’Ue al Pnrr italiano: cosa possiamo aspettarci dal Recovery?

E’ finalmente arrivato il via libera della Commissione Ue al Pnrr italiano per accedere al Recovery Fund: in arrivo 24,9 miliardi di euro entro luglio, e in totale 191,5 miliardi entro il 2026. Di questi, 68,9 sono sovvenzioni e 122,6 sono prestiti. Lo scopo è attuare 190 misure con 525 obiettivi, prospettando un aumento del Pil tra l’1,5% e il 2,5% e 240mila posti di lavoro entro il 2026. Ecco cosa aspettarci. 

MeteoWeek.com (da Getty Images)

Il piano “rappresenta una risposta completa e bilanciata alla situazione economica e sociale dell’Italia, contribuendo in modo appropriato a tutti e sei i pilastri del regolamento Recovery“, scrive Bruxelles, che ha approvato il Pnrr italiano per accedere ai soldi del Recovery. Il Pnrr contiene 190 misure, di cui 58 riforme e 132 investimenti. Sono ben 525 gli obiettivi da raggiungere, soprattutto climatici (che occupano il 37,5% del piano) e digitali (25% del piano). Intanto da Bruxelles fioccano complimenti per il Pnrr dell’Italia che affronta “in modo efficace” le raccomandazioni Ue e “contribuisce a correggere gli squilibri, incluso l’alto debito e la debole produttività, in un contesto di alta disoccupazione e elevati crediti deteriorati“. Per questo motivo la pagella dell’Italia promossa da Bruxelles è molto positiva: dieci A e una B (relativa ai costi). Il piano è stato definito dalla Commissione Ue un progetto “imponente”, che rispetta le aspettative di una gigantesca manovra che smuove per l’Italia 191,5 miliardi di euro tra sovvenzioni (68,9 miliardi) e prestiti (122,6 miliardi).

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Cosa aspettarci dal Recovery, a parole

Il Pnrr italiano lascia, dunque, ben sperare: “E’ ambizioso e lungimirante e permetterà di costruire un futuro migliore per l’Italia e per l’Europa“, ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in conferenza stampa con il presidente del Consiglio, Mario Draghi, a Cinecittà. Von der Leyen traduce poi queste aspettative in termini numerici: “Effettuiamo sempre una valutazione molto prudente dell’impatto che il rispettivo piano nazionale di resilienza della ripresa avrà sull’economia nazionale” e “il piano italiano avrà approssimativamente un impatto dall’1,5 al 2,5% del Pil e di oltre 240 mila nuovi posti di lavoro in Italia fino al 2026”. Esplicitate le aspettative sul futuro dell’Italia, la presidente della Commissione è poi passata a illustrare il cronoprogramma che dovrà traghettare il progetto a piena realizzazione: “Una volta approvato dal Consiglio nelle prossime quattro settimane, saremo pronti a erogare i primi fondi. E’ l’inizio di un’attuazione che sarà dura, dovremo lavorare in modo duro e la commissione sarà accanto a voi passo passo. Un’Italia più forte rende l’Europa più forte“.

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Cosa aspettarci in termini numerici

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Se la tabella di marcia dovesse procedere spedita, l’approvazione definitiva dovrebbe arrivare all’Ecofin del 13 luglio, quando l’Italia otterrà il diritto di ricevere i 24,89 miliardi di euro come pre-finanziamento (ovvero il 13% del totale). Questo se tutto dovesse procedere senza problemi. “L’obiettivo è consegnarli a luglio ma ciò dipenderà anche da come andrà la raccolta di fondi sul mercato“, fanno sapere da Bruxelles. Se l’Ue non dovesse farcela, la procedura prevede di distribuire il prefinanziamento prorata tra gli Stati che hanno i loro piani già approvati. Per quanto riguarda i contenuti del Pnrr, non ci sono stati grossi cambiamenti: ciò che dobbiamo aspettarci è grosso modo quanto anticipato al momento dell’invio del Pnrr a Bruxelles, il 30 aprile scorso.

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Qualche modifica dall’Ue

Tra le poche modifiche apportate dalla Commissione, nel Pnrr italiano sono stati aggiunti “1,2 miliardi da usare in misure di ripristino delle risorse marine, di rimboschimento, sia nelle città che fuori dai centri urbani, e anche misure a tutela della natura in parte del Po’”, ha spiegato un funzionario europeo riportato dall’Agi. Inoltre, dal Pnrr sono state tagliate misureche non erano completamente in linea con i criteri di ammissibilità” in materia ambientale, così come sono state tagliate alcune misure che rientravano nel piano Transizione 4.0, misure che “non consideravamo realmente ‘digitali’”. Infine, per alcuni progetti di mobilità volti al “rinnovo del materiale rotabile o delle flotte passate, dei treni e così via” è stato necessario “un esercizio molto più tecnico con l’intento di garantire che tutto ciò che viene supportato sia effettivamente in linea con le regole“. Detto questo, le aspettative sono grandi, sia nelle dichiarazioni che nei numeri. La speranza, ora, è che si traducano in realtà.

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