Il piccolo Nicola, di soli due anni, è stato ritrovato in un burrone nei boschi del Mugello. Il bambino era scomparso la notte di martedì. I genitori Leonardo e Pina non lo avevano ritrovato nel suo letto al mattino. Una notizia che ha stupito in molti, non soltanto per la vicenda in sé, bensì anche per il modo in cui la famiglia vive, immersa nella natura. A spiegare la scelta di abitare in un casolare della valle di Campanara, qualche anno fa, era stata proprio la mamma, in una community sul web.
La notizia del ritrovamento di Nicola, dopo lunghe ore di timori, ha rallegrato l’Italia intera. Il bambino di ventuno mesi era inspiegabilmente scomparso la notte di martedì dalla sua casa a Campanara, frazione isolata di Palazzuolo sul Senio, in provincia di Firenze. I genitori, al mattino, non lo avevano trovato nel suo letto. Immediato l’avvio delle ricerche da parte dei Carabinieri, che hanno impiegato un gran numero di uomini per setacciare i boschi del Mugello. In molti, con il trascorrere del tempo, temevano il peggio. A trovare in un burrone il piccolo, questa mattina, è stato alla fine un giornalista de La vita in diretta. Sta bene, seppure abbia qualche graffio e sia spaventato. Le prime immagini registrate al momento del salvataggio lo immortalano mentre chiama la mamma. Adesso agli inquirenti spetterà il compito di ricostruire quanto accaduto.
Nicola, infatti, è stato ritrovato in pigiama, con i sandali ai piedi, a circa tre chilometri di distanza dalla sua abitazione. È possibile che nel cuore della notte abbia indossato le scarpe, sia uscito da casa e abbia percorso quella strada da solo? Da comprendere cosa sia realmente successo. In molti, tuttavia, ritengono che tale ipotesi non sia del tutto impossibile da credere. Il piccolo di ventuno mesi, infatti, in quei boschi del Mugello è cresciuto. I genitori Leonardo e Pina, anni addietro, hanno scelto di trasferirsi in un casolare nella valle di Campanara, immersa nella natura. Una vita lontana dal caos della città. In quel luogo il tempo sembra essersi fermato ed i bambini crescono in un modo senza dubbio diverso da quello ormai divenuto comune.
A raccontare la scelta di vivere nella valle di Campanara, ormai divenuta quasi un eco-villaggio, è stata proprio mamma Pina, qualche anno fa, sul sito dell’associazione Campiaperti, comunità in lotta per la sovranità alimentare. A spingere lei ed il marito Leonardo a trasferirsi, in particolare, sarebbe stato l’amore per la natura. “Mi sono avvicinata al mondo contadino nel 2009 dopo una laurea triennale in scienze sociali. Mi sembrava assurdo saper utilizzare un pc e non aver mai piantato un pomodoro, non saper più riconoscere una pianta velenosa da una che cura, calpestare buonissime erbe mangerecce, quale legna usare per dei manici o dei recinti”, aveva raccontato. In pochi anni quella passione è diventata anche un lavoro. La coppia, infatti, è arrivata ad avere ben 500 alveari capaci di produrre il miele.
Il sogno di Pina e Leonardo era quello di essere autosufficienti dal punto di vista alimentare. “Non volevo sfruttare né essere sfruttata”, aveva spiegato. All’inizio, tuttavia, non è stato semplice. “Gli animali selvatici come tutto il resto li avevo visti nei libri così ho conosciuto Leonardo e altri con cui vivere con la tendenza all’autosufficienza. Per avere un po’ di miele per noi, nel 2009, su spinta di un amico ci procurammo una famiglia di api visitata collettivamente; le api che abbiamo adesso provengono tutte da quella lì, il secondo anno ne avevamo 3, poi cinque”. La passione per la natura li ha spinti a non mollare mai. “Leonardo voleva fare il contadino già da piccolo. Ha avuto modo di frequentare la campagna andando dai suoi nonni paterni che erano operai agricoli (prima mezzadri) e fin da piccolissimo era appassionato di animali e alberi ma viveva in paese cosi dai 4 anni metteva da parte i semi e faceva crescere gli alberi che poi piantava e seguiva. Non solo frutti,cipressi querce e anche un ippocastano. Dal 2001 ha partecipato, insieme a Brigitte Holsen, a una ricerca con fondi europei sui frutti dimenticati nelle zone di Mugello, Alto Mugello e Valdisieve”.
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La storia dei genitori del piccolo Nicola Tanturli, ad ogni modo, non è unica. Nella valle di Campanara abitano anche molte altre persone che seguono la medesima filosofia di vita. I primi a sposarla, quasi quarant’anni fa, furono otto persone di ritorno da un viaggio in India. Successivamente lì si rifugiarono tanti altri, italiani ma anche stranieri, soprattutto tedeschi. Col tempo hanno imparato ad allevare gli animali e a coltivare gli orti. Di giorno in giorno producono prodotti bio. Una vera e propria oasi di sostenibilità. Pina e Leonardo, ma anche tanti loro concittadini, hanno riportato la vita dove c’era il nulla. Il risultato è un insieme di piccole comuni indipendenti, felici poiché distanti dal caos della città. Impossibile pensare che lì i bambini crescano davanti ai dispositivi elettronici. Piuttosto, fin da piccoli, sono autonomi e si spostano senza difficoltà nella natura. Una favola che ha generato preoccupazione nell’Italia intera, ma che si è conclusa con un lieto fine.
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