Il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza del Tar di Lecce: è consentita la prosecuzione della produzione nello stabilimento ex Ilva di Taranto. Nella sentenza del Tar annullata, i magistrati salentini avevano evidenziato “lo stato di grave pericolo” in cui vivono i cittadini tarantini, stato di pericolo ora non confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato.
“L’istruttoria procedimentale e quella processuale non evidenziano un pericolo ‘ulteriore’ rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento dell’attività produttiva dello stabilimento industriale e gestito attraverso la disciplina dell’Autorizzazione Integrata Ambientale”: è quanto emerso nella sentenza del Consiglio di Stato che annulla l’ordinanza con la quale il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci aveva predisposto la chiusura di sei reparti dell’area a caldo. Motivo? Mettevano a rischio la salute dei tarantini. L’ordinanza del sindaco era stata però impugnata da Arcelor Mittal presso il Tar di Lecce. A quel punto la sentenza di primo grado del Tar aveva confermato quanto predisposto dall’ordinanza del sindaco a causa dello “stato di grave pericolo” per il “sempre più frequente ripetersi di emissioni nocive ricollegabili direttamente all’attività del siderurgico”. L’azienda aveva allora deciso di rivolgersi al Consiglio di Stato per chiedere l’annullamento del provvedimento. Ora il Consiglio di Stato, con un documento di 62 pagine, spiega il perché l’ordinanza vada annullata e perché l’attività produttiva debba ripartire.
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Fenomeni isolati?
Ecco quanto affermato dai magistrati del Consiglio di Stato: “Questa Sezione ritiene che gli elementi emersi dall’istruttoria processuale abbiano fornito un quadro tutt’altro che univoco sui fatti dai quali è scaturita l’ordinanza contingibile e urgente. Anzi, quanto emerso è più incline ad escludere il rischio concreto di un’eventuale ripetizione degli eventi e la sussistenza di un possibile pericolo per la comunità tarantina”. Insomma, gli eventi emissivi del 2019 non rappresenterebbero eventi frequenti e anzi regolari, ma fenomeni isolati. Inoltre, il Consiglio di Stato si è espresso anche a proposito dell’Aia, concessa alla fabbrica tarantina.
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L’Aia
Il Tar di Lecce aveva ribadito a tal proposito: “Il rispetto dei parametri emissivi previsti in Aia” non comporta automaticamente “l’esclusione del rischio o del danno sanitario”. Tradotto: il rispetto del programma non assicura lo scampato pericolo per la salute dei cittadini tarantini. Ora il Consiglio di Stato, invece, ribadisce: l’Aia è “un provvedimento per sua natura ‘dinamico’, poiché contiene un programma di riduzione delle emissioni, che deve essere periodicamente riesaminato, al fine di recepire gli aggiornamenti delle tecnologie cui sia pervenuta la ricerca scientifica e tecnologica nel settore”. Tradotto ancora meglio: l’ex Ilva può continuare a produrre e a emettere i suoi fumi nocivi con una frequenza imprevedibile che, a quanto pare, non è abbastanza per chiuderla definitivamente. Magari era un caso isolato, dicono. Magari.