Il Ministero ha diffuso una circolare per bloccare la somministrazione di Astrazeneca agli under 60, ma l’assessore del Lazio non ci sta.
Astrazeneca sì o Astrazeneca no? Dopo la morte di Camilla Canepa, la 18enne vaccinata con Astrazeneca e deceduta per un’emorragia cerebrale, il Ministero della Salute e l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) hanno deciso di sconsigliare la somministrazione del siero agli under 60. Il problema, tuttavia, è che tutte le persone sotto i 60 anni a cui era già stata inoculata la prima dose di Astrazeneca, ora dovranno fare una vaccinazione eterologa. Cioè, dovranno farsi iniettare due diversi tipi di vaccino. Un mix che fa paura – stando almeno ai dati emersi dalla Regione Lazio – al 10 per cento dei vaccinandi.
Per questo l’Assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, ha scelto di fare di testa sua e lasciar scegliere liberamente le persone per il proprio destino. Nel Lazio, quindi, con il consenso firmato del paziente, si potrà somministrare Astrazeneca anche agli under 60 per completare il ciclo vaccinale. Ma D’Amato non vuole che questa mossa sia interpretata come un disallineamento rispetto al governo centrale. Anzi, come ha specificato l’assessore: “Il Lazio non vuole imboccare una strada alternativa”. Semplicemente, ha intenzione di dare ascolto ai cittadini e alle loro paure.
In primis D’Amato ha difeso il suo operato e quello della Regione durante la campagna vaccinale, ricordando la virtuosità del Lazio nelle somministrazioni e la coerenza mantenuta con le strategie nazionali. “Siamo stati i primi a rispondere ai piani vaccinali. Ogni giorno immunizziamo circa 64 mila cittadini. Non solo siamo stati coerenti con le strategie nazionali, ma il ritmo delle somministrazioni non è rallentato neppure quando altrove gli appuntamenti saltavano per il diffondersi della paura sugli episodi di trombosi”, ha detto l’assessore.
Quello che ora il Lazio chiede è che vengano “dissipati tutti i dubbi”, ha dunque chiarito D’Amato. E ha continuato: “Riceviamo fiumi di lettere da cittadini informati, di livello culturale medio alto, specie insegnanti e docenti universitari tra 50 e 60 anni, che vorrebbero non cambiare vaccino e mantenersi su Vaxzevria in quanto non sono convinti che il mix sia sicuro. Non si possono trascurare le loro obiezioni, sono circa il 10 per cento dei vaccinandi. La maggior parte dei richiami è stata eseguita utilizzando PfizerBioNTech, come prescrive il ministero. Ma questi casi come li risolviamo?”.
Alcuni cittadini infatti rischiano di rendere vana la prima dose, perché non hanno intenzione di farsi iniettare un siero diverso. Il che potrebbe rappresentare un problema per la campagna vaccinale. In più, ha continuato ancora D’Amato, “la circolare del ministero e la determina di Aifa sono discordanti. La prima è perentoria, la seconda è possibilista, basta leggere bene l’articolo 2: non esclude che il medico possa decidere in scienza e coscienza quale tipo di vaccino somministrare avvalendosi del meccanismo dell’off label (la prescrizione non contenuta nel bugiardino, ndr)“.
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Se la gente non potrà scegliere di farsi inoculare Astrazeneca nonostante le raccomandazioni dell’Aifa, quale sarà l’alternativa? Sprecare le prime dosi già somministrate? Oppure obbligare i cittadini alla vaccinazione eterologa? È ciò che si chiede anche D’Amato, dichiarandosi fortemente contrario all’obbligo. “L’obbligo è un errore. La via più efficace è quella della persuasione. Non siamo nell’esercito dove bisogna rispettare gli ordini. A mio giudizio al primo posto va messo il raggiungimento dell’obiettivo che ci siamo posti, immunizzare la popolazione nel più breve tempo possibile”.
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La soluzione migliore, dunque, secondo l’assessore è lasciar scegliere liberamente le persone. “Meglio dare una doppia dose di Vaxzevria a chi la chiede, dietro la sottoscrizione di uno specifico consenso informato, che negare la seconda dose, azzardo oltretutto pericoloso visto che se la profilassi non viene completata c’è il rischio di essere infettati dalla variante Delta, la cosiddetta indiana. Un giorno potremmo essere accusati di non aver garantito adeguata protezione a chi, vaccinato a metà, si è preso il virus e ne ha riportato danni. E poi ci sono i diritti dei medici i quali mi chiedono come comportarsi”.
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