Della 31 enne di Forlì non si hanno notizie dal 4 marzo, il giorno prima aveva presentato le dimissioni. A Chi l’ha visto le testimonianze dei dipendenti dell’ospedale Santa Chiara di Trento
“In sala operatoria c’erano ferri chirurgici che volavano verso le persone, anche per un nonnulla. Ginecologi che erano bravi venivano allontanati dalla sala operatoria. Ti fanno sentire una nullità, cercano di trovare lo sbaglio anche se non c’è, pur di metterti in crisi. È il momento di parlare, perché non ci sia un’altra Sara“. Anche se non è facile esporsi in una situazione simile, alcuni dei sanitari in servizio al reparto di Ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento hanno deciso di parlare (protetti dall’anonimato) a seguito della scomparsa di Sara Pedri, la ginecologa trentunenne di Forlì che lavorava in Trentino, sparita nel nulla da oltre tre mesi. Le loro testimonianze sono state raccontate alla trasmissione televisiva Chi l’ha visto?, dove già la settimana scorsa la famiglia della ragazza aveva rivolto un appello a proseguire le ricerche. Dalle pagine del Corriere della Sera arrivano anche altri dettagli.
LE TESTIMONIANZE DEI SANITARI
“Sara era terrorizzata – sono le parole della sorella Emanuela, che ha rilasciato una lunga deposizione ai carabinieri di Forlì – e le sue colleghe ci hanno confermato quello che ci diceva lei: turni massacranti, abusi di potere, minacce continue”. Le testimonianze sono state raccolte in una memoria di 15 pagine presentata dall’avvocato della famiglia, Nicodemo Gentile. “Nessuno mi ridarà mia figlia – ha detto in televisione Mirella, la mamma di Sara – però se il suo sacrificio può essere utile a qualcun altro, questo ben venga”. Ai microfoni di Chi l’ha visto? ha parlato anche Eugenia, una ginecologa che tempo addietro ha lavorato al Santa Chiara: “Mobbing, accanimento, cose disumane. Ho chiesto aiuto ma ho trovato un clima di omertà a tutti i livelli“. Un racconto purtroppo in linea con quello dell’ostetrica sentita dal quotidiano L’Adige nei giorni scorsi: “Incutono timore, minacciano licenziamento, umiliano. Lo fanno per avere il rispetto del personale. Sono passati anni e la cicatrice è ancora aperta”.
LEGGI ANCHE: Le minacce del padre di Saman alla famiglia del fidanzato:«Se tuo figlio non lascia mia figlia vi sterminiamo tutti»
LA SCOMPARSA E LE INDAGINI
Deperita, impaurita, avvilita: così è apparsa Sara ai familiari a fine febbraio, quando è rientrata a casa a Forlì per una settimana e il suo medico le ha certificato un “calo ponderale per stress da lavoro“. La dottoressa aveva iniziato a lavorare al Santa Chiara di Trento a metà novembre, dopo aver conseguito la specializzazione a Catanzaro. “Mia sorella era abituata ai cambiamenti – ha raccontato Emanuela Pedri – alla distanza e alla solitudine. Ha raggiunto obiettivi importanti, senza mai lamentarsi”. Subito prima della sua scomparsa, Sara aveva presentato le dimissioni, nonostante dopo tre mesi fosse stata finalmente trasferita a Cles, a 40 minuti di auto da Trento, dove aveva preso casa perché è lì che avrebbe dovuto entrare in servizio lo scorso autunno. Il 4 marzo l’auto della giovane ginecologa è stata ritrovata, con il suo cellulare all’interno, vicino al ponte di Mostizzolo sul torrente Noce, al confine tra i comuni di Cis e Cles. Si concentrano dunque in quest’area le ricerche via terra e via acqua, tra l’alveo del fiume e il lago di Santa Giustina. Le operazioni, coordinate dai Carabinieri di Cles, coinvolgono anche i Vigili del Fuoco e il Soccorso Alpino, ma di Sara ancora nessuna traccia. E si teme il peggio. Intanto, la Procura di Trento ha aperto un fascicolo senza notizia di reato; il telefono e il computer della ragazza sono al vaglio degli inquirenti, che hanno acquisito anche i tabulati telefonici.
LEGGI ANCHE: Bimbo di 1 anno rinvenuto morto in casa: è giallo. La madre aveva tagli su braccia
I SINDACATI E L’AZIENDA SANITARIA
Sul caso si sono espressi anche i sindacati Anaao Assomed e Cimo della Provincia di Trento, accendendo i riflettori su “un problema tanto diffuso quanto sommerso anche nell’ambito delle aziende sanitarie: il mobbing e il demansionamento“. Le due sigle sindacali rilevano che gli sportelli deputati a raccogliere le denunce di queste problematiche lavorative vengono utilizzati in maniera del tutto marginale. “Con il risultato che molti medici preferiscono andarsene (ben undici dimissioni, e non certo per pensionamento, nell’arco di due anni nel reparto di Ginecologia e Ostetricia di Trento)”. Un turnover significativo, su cui alcuni consiglieri provinciali hanno interrogato le istituzioni e rispetto al quale il primario Saverio Tateo ha dichiarato che “l’Azienda entrerà nel merito, sarò felice di parlare quando potrò farlo”. Il direttore generale Pier Paolo Benetollo ha riferito che “gli approfondimenti effettuati nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa della dottoressa non avevano evidenziato possibili collegamenti. A seguito degli elementi ora riferiti è stata costituita una commissione ad hoc che raccoglierà eventuali ulteriori informazioni su fatti precisi”.