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Politica

Il Pd difende le primarie e si dice ottimista. Ma aumentano i dubbi

I dati delle primarie a Torino, domenica, avrebbero scosso qualche dubbio all’interno del Pd, subito sopito dall’intenzione ufficiale di tirare dritto: non deve stupire la scarsa adesione alle primarie di Torino, è colpa della paura del Covid, dicono dal partito. Eppure, qualche dubbio sembra restare. 

MeteoWeek.com (da Getty Images)

Le amministrative di quest’anno sono diverse rispetto alle altre, e questo lo sapevamo: sono le prime amministrative in un contesto politico profondamente destabilizzato, che cerca di ritrovare i suoi assi portanti dopo gli scossoni legati all’emergenza e all’esigenza di creare in fretta e furia un governo di unità nazionale. Per questo, quest’anno più che mai, gli occhi sono puntati sui dati delle amministrative, sulle strategie, sulle coalizioni. Per cercare di scorgere i primi effetti della pandemia sulla salute della politica. Non si tira indietro il Pd, che addirittura attribuisce alla paura del Covid e al caldo la colpa della scarsa partecipazione alle primarie di coalizione per scegliere il candidato sindaco di centrosinistra a Torino.

Scarsa affluenza a Torino? Tutto normale, dicono

A vincere è stato il capogruppo del Pd al consiglio comunale Stefano Lo Russo, ma ad attrarre l’attenzione mediatica è stato un altro fattore: hanno votato 11.651 persone, circa un quinto rispetto alle primarie del 2011 e circa la metà di quelle che nel 2019 parteciparono all’elezione del segretario nazionale del partito. Eppure dal Pd rispondono: nessun timore, quanto è avvenuto a Torino non è paragonabile all’era pre-Covid. “E’ già stato un miracolo vedere quelle persone andare a votare a Torino, con il caldo che faceva e con il timore, ancora vivo, del virus“, sottolinea un dirigente Pd all’Agi. Colpa del caldo e del virus, quindi. Strano che quegli stessi timori non si manifestino in altre occasioni di svago, magari più gradite.

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Un’alleanza consigliata ma non obbligatoria

Ma no, ma no, dicono dal Pd. Tutto regolare, e in più ogni territorio è una partita a sé stante. E’ vero, a Torino e Roma pesa anche la difficoltà dei rapporti tra Pd e M5s, ma bisogna adeguarsi a ciò che si trova in ogni città. La linea generale resta sempre quella di portare avanti l’asse, ma non a tutti i costi. Insomma, una cosa è la linea politica che indica di lavorare all’unità del centrosinistra, altra cosa è l’alleanza con il M5s. Si tratta, in quest’ultimo caso, di un’alleanza “consigliata ma non obbligatoria“. D’altronde, viene ribadito da esponenti Pd, ciò che bisogna evitare assolutamente è di sostenere alleanze in vitro, fusioni a freddo che rischierebbero solo di allontanare ulteriormente elettorato e base partitica. Due realtà che – nonostante l’ostentata sicurezza – preoccupano il Pd. Anche laddove si è deciso di procedere autonomamente, senza forzare la coalizione con il M5s.

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La Capitale che non fa dormire

Ne è un esempio l’attesa venutasi a creare attorno alla candidatura alle primarie di Roma di Roberto Gualtieri, candidato sindaco di Roma. Gualtieri è dato praticamente per vincitore alle primarie di partito, ma a fare la differenza sarà l’affluenza. L’ex ministro dell’Economia, per rispettare le alte aspettative, dovrà vincere con buone percentuali e una buona affluenza. Se questo non dovesse accadere, il rischio è di presentarsi al confronto con le altre forze politiche in una posizione fortemente indebolita. Fonti Pd riportate dal Post sottolineano che l’obiettivo è ottenere i 50mila votanti, circa la metà di quelli che nel 2013 parteciparono alle primarie. In caso contrario, si può sempre dare la colpa al caldo e al Covid.

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