Antonio Di Fazio, imprenditore farmaceutico, è in carcere da quasi un mese con l’accusa di abusi sessuali nei confronti di una studentessa della Bocconi. La giovane era stata attirata nella sua azienda con la scusa di effettuare uno stage, ma successivamente sarebbe stata trasportata nell’abitazione dell’uomo e narcotizzata. Non si sarebbe, tuttavia, trattato di un unico episodio. L’inchiesta portata avanti dagli inquirenti rivela che il cinquantenne era uno stupratore seriale. Dietro al «moderno Barbablù» si cela una doppia vita.
È il 27 marzo scorso quando una studentessa dell’Università Bocconi di Milano si reca in ospedale poiché narcotizzata e abusata sessualmente la notte antecedente. A trovarla, in stato confusionale nel suo appartamento, era stato quella mattina il fidanzato, che non aveva sue notizie da ore. La ventunenne racconterà di essere andata a visitare l’azienda di Antonio Di Fazio. L’imprenditore farmaceutico, con la scusa di incontrare altri manager, l’avrebbe successivamente condotta nella propria abitazione e le avrebbe offerto del sushi. L’ultimo ricordo della vittima è quello dell’elastico degli slip che si abbassa per mano dell’uomo, che aveva al polso un Rolex.
La denuncia della ventunenne ha dato il “via” ad una indagine nei confronti di Antonio Di Fazio, che è in carcere da quasi un mese. L’episodio ai danni della studentessa della Bocconi, infatti, non sarebbe stato isolato. Le immagini pornografiche e il materiale intimo ritrovato nell’appartamento dell’imprenditore farmaceutico, infatti, hanno portato gli inquirenti a credere che le vittime siano molte di più. Tra queste, in base alle indagini, ci sarebbe anche la ex moglie, il quale anni prima lo aveva denunciato ben dodici volte per averla narcotizzata e violentata sessualmente. A ricostruire attraverso un’inchiesta la vita del cinquantenne milanese è stato il Corriere della Sera.
Un ricco imprenditore stimato oppure uno stupratore seriale? Antonio Di Fazio per anni avrebbe vissuto due vite parallele. Quella buia soltanto adesso viene alla luce. È anche per questo motivo che al cinquantenne è stato affibbiato il soprannome di «Barbablù», come l’orco dall’ingente patrimonio che in una stanza segreta uccideva le sue mogli. I magistrati Letizia Mannella e Alessia Menegazzo, insieme al giudice Chiara Valori, stanno adesso cercando di mettere in chiaro quanto accaduto in questi decenni. Le malefatte del manager farmaceutico, infatti, avrebbero origini molto lontane. Oltre dieci anni fa l’allora moglie lo aveva accusato di avere abusato sessualmente di lei. In totale i casi di violenza e sequestro sarebbero almeno quattro. La questione, tuttavia, sembrerebbe essere anche molto più ampia, tanto che gli inquirenti ritengono persino che l’uomo potesse avere dei rapporti anche con un clan della ‘ndrangheta.
Oggi due inchieste girano attorno alla figura di Antonio Di Fazio. Una è quella relativa agli abusi sessuali e al sequestro di persona, l’altra è quella che riguarda le sue ricchezze. Il secondo filone è stato affidato al pm Pasquale Addesso. È da comprendere, infatti, l’origine del capitale che in piena pandemia ha permesso all’imprenditore di aprire una nuova azienda, la Global farma (dal cui Cda il manager è stato rimosso a seguito dell’arresto), che ha un capitale sociale di 500 mila euro. Il dubbio è che, come avvenuto in passato, possano essere coinvolti esponenti della malavita. Decenni fa, infatti, il manager farmaceutico avrebbe avuto dei contatti con il clan Valle, ma successivamente fu considerato una vittima di estorsione. Le indagini, in tal senso, si concentrano inoltre sugli affari un’altra industria farmaceutica in cui l’imprenditore formalmente non compare, ma a cui è legato. Essa potrebbe essere al centro di truffe e frodi nelle forniture. A fornire importanti documentazioni su tale ambito di indagini è stata la Banca d’Italia. Il filone principale, ad ogni modo, al momento resta quello relativo agli episodi di violenza.
Antonio Di Fazio e la ex moglie, figlia di un avvocato di Chicago, si conoscono nel 2008. Soltanto un anno dopo la donna resta incinta. Dalla loro unione nasce un bambino, oggi dodicenne. Il matrimonio, tuttavia, dura ben poco. A giugno del 2009 i due si separano e viene dato inizio ad una turbolenta vicenda giudiziaria. Già allora l’imprenditore farmaceutico era solito narcotizzarla e violentarla sessualmente. Nessuno, tuttavia, in quei momenti aveva creduto alle dodici denunce presentate. Il tutto era stato archiviato come «conflittualità di coppia». Adesso, tuttavia, quegli esposti hanno una valenza diversa.
La ventunenne che ha presentato un mese fa la denuncia nei confronti di Antonio Di Fazio, infatti, avrebbe subito il medesimo trattamento. Una dimostrazione del fatto che per l’imprenditore era un abitué. Nel sangue della studentessa, il giorno dopo la violenza, i medici troveranno più di 900 microgrammi per litro di benzodiazepine, ovvero la sostanza con cui è stata narcotizzata. Tre volte la dose massima giornaliera che è possibile assumere con il Bromazepam. A dimostrare che la giovane non era il sé anche il suo smart-watch, che registra soltanto 86 passi. L’orco, mentre era ancora stordita, l’avrebbe caricata in macchina e riportata a casa. Agli atti ci sono anche una fotografia della giovane «ritratta con gli occhi quasi chiusi all’interno dell’appartamento dell’imprenditore Di Fazio» ed un messaggio, quest’ultimo probabilmente scritto dal manager («Sono da amici») inviati al fidanzato su Whatsapp.
L’ipotesi che Antonio Di Fazio sia uno stupratore seriale è sempre più plausibile per gli inquirenti. Al momento della perquisizione nell’appartamento, infatti, questi ultimi ritrovano fotografie (ben 57, ma molte altre sono state cancellate) di corpi e parti intime scattate dentro l’abitazione dell’imprenditore, per sua mano. Inoltre, viene ritrovata biancheria intima ed altri oggetti presumibilmente appartenenti alle vittime. Quattro di queste, dopo che il caso è venuto alla luce, si sono presentate in questura per denunciare. Tra queste c’è anche l’ultima fidanzata del manager, con cui aveva una relazione al momento della violenza alla studentessa. Un’altra avrebbe denunciato di essere stata vittima di stalking, come d’altronde pare esserlo stata Paola Turci. Potrebbero, tuttavia, essercene altre ancora.
Le forze dell’ordine trovano anche altri oggetti insoliti. Nell’auto di Antonio Di Fazio – una Maserati – viene ritrovato un borsone con diversi contanti e una pistola giocattolo nera senza tappo rosso, nonché un lampeggiante blu. In casa, ancora, tesserino simile a quello dei Servizi segreti e una fondina. Questa, tuttavia, non è una novità. Già nel 2015 l’imprenditore era stato denunciato poiché ritrovato in possesso di un falso tesserino di questo genere al momento di un controllo per guida in stato di ebrezza. Nel 2019, invece, era stato denunciato per uso abusivo del lampeggiante. In base alle indagini il cinquantenne potrebbe avere utilizzato questi oggetti per «sottoporre ulteriormente le sue vittime a continue e ripetute minacce», al fine di «terrorizzarle» ed evitare che si rivolgessero alle autorità. È proprio per questo motivo che nessuna prima avrebbe denunciato. «Le ragazze venivano minacciate di morte, gli veniva mostrata la pistola. Erano emotivamente e psicologicamente soggiogate», dicono gli inquirenti.
La magistratura adesso è a caccia di eventuali complici di Antonio Di Fazio. Alcuni colleghi, in particolare, avrebbero aiutato quest’ultimo a trovare delle giovanissime interessate ad entrare in azienda. L’imprenditore, da parte sua, ha diverse amicizie “importanti”, dalla politica all’imprenditoria. E non lo ha mai nascosto. Al momento, ad ogni modo, nessun altro è indagato. Dei dubbi in merito alla vicenda, inoltre, emergono sul ruolo della sorella. La donna è una oncologa che lavora a San Marino, nota per alcune teorie controverse sul tema dei tumori. È stata lei a permettere ad Antonio Di Fazio di acquistare il Bromazepam, ovvero la sostanza con cui avrebbe narcotizzato le sue vittime. Il farmaco, sulla carta, sarebbe servito all’anziana madre, con cui l’uomo abita, la quale ne farebbe un uso quotidiano. La versione, tuttavia, non convince gli inquirenti.
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Il legale di Antonio Di Fazio, intanto, ha negato che sia stata richiesta una perizia psichiatrica sul suo assistito ed ha confermato che ciò non avverrà neanche in futuro. È possibile, piuttosto, che l’imprenditore farmaceutico nei prossimi giorni decida di parlare con gli inquirenti. “Attendiamo l’evolversi della situazione e delle accuse che per ora sono ferme a un solo caso. Il resto (il filone relativo all’origine delle ricchezze del cinquantenne nonché agli altri episodi di abusi, ndr) lo abbiamo letto sui giornali”, dice. Esclusa, da parte sua, l’ipotesi di collegamenti con la malavita: “Lo conosco da diversi anni, non ho mai chiesto da dove arrivino i suoi capitali, ma non ho mai avuto sentore di rapporti con certi ambienti”. Infine, sulle sue condizioni psico-fisiche: “L’ho incontrato due volte. Ha qualche problema di salute. È provato ma è certo che le cose siano ben diverse da quelle raccontate dalle indagini”.
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