Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha espresso le sue posizioni prima del vertice Nato, che avrà inizio alle 13, abbassando i toni sul rapporto con la Cina: “Non stiamo entrando in una nuova Guerra Fredda e la Cina non è il nostro avversario, non il nostro nemico“. Di certo, però, ha anche ribadito l’esigenza di “affrontare insieme, come alleanza, le sfide che l’ascesa della Cina pone alla nostra sicurezza“.
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg affronta la questione Cina in vista del prossimo vertice Nato, che inizierà alle 13. E afferma: “Non stiamo entrando in una nuova Guerra Fredda e la Cina non è il nostro avversario, non il nostro nemico“. Detto questo, però, bisognerà “affrontare insieme, come alleanza, le sfide che l’ascesa della Cina pone alla nostra sicurezza“. Insomma, da un lato ci sono gli obiettivi comuni, come gli impegni sui cambiamenti climatici, che impongono cooperazione, dall’altro ci sono sfide di carattere geopolitico: “La sua struttura militare e il suo comportamento” finalizzato ad “aumentare la sua influenza, pongono delle sfide all’Alleanza Atlantica“. Parole che arrivano anche a seguito del dossier Cina sul quale si sono concentrati i Paesi del G7, parole che erano già state anticipate dalle dichiarazioni rilasciate da Stoltenberg nei giorni precedenti. Parole che delineano altri contorni di una nuova strutturazione geopolitica, che dovrà definire non solo il nuovo ruolo dell’asse Atlantico, ma anche la posizione della Russia all’interno di questo scacchiere.
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I rapporti tra la Nato e la Russia “sono ai minimi dalla fine della Guerra Fredda“, aggiunge il segretario a margine del vertice dell’Alleanza a Bruxelles. Da Mosca “vediamo azioni aggressive nei confronti dei vicini, ma anche attacchi informatici e avvelenamenti. E’ una cosa che ha portato al deterioramento delle relazioni” bilaterali. In questo senso – sembra suggerire Stoltenberg – va visto il prossimo incontro Biden-Putin a Ginevra: “Mi compiaccio” del fatto che Biden “incontrerà il presidente Vladimir Putin. Il dialogo non è un segno di debolezza, ma di forza“. Poi ancora: nella Nato “siamo uniti, questo è il messaggio più importante, e la Russia non riuscirà a dividerci“, sottolinea Stoltenberg. La Russia magari no, ma la Cina?
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Quanto alla Cina, afferma il segretario della Nato, “non condivide i nostri valori“. Per questo secondo Stoltenberg è necessario che nel comunicato finale del vertice Nato tutti gli alleati concordino sul linguaggio da adottare e su una posizione chiara nei confronti della Cina. E’ una questione militare (“negli ultimi sette anni abbiamo visto un significativo incremento della potenza militare cinese, con forti investimenti in nuove capacità militari, incluse quelle nucleari, e anche sistemi d’arma più avanzati”); una questione valoriale (“vediamo la repressione a Hong Kong, la persecuzione delle minoranze nel loro Paese e anche l’uso della tecnologia moderna, come i social media e il riconoscimento facciale, per monitorare e sorvegliare la popolazione, in modo che non abbiamo visto prima“); e una questione tecnologica/commerciale (“lo vediamo nel cyberspazio, ma anche in Africa e nell’Artico, ma vediamo anche che la Cina investe nelle nostre infrastrutture fondamentali per tentare di controllarle. Lo abbiamo visto nelle discussioni sul 5G e Huawei“).
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Intanto, il G7 sembra aver finalmente raggiunto un compromesso in merito alla linea da adottare nei confronti della Cina, espresso nel comunicato finale del vertice a cui ha avuto accesso l’agenzia Bloomberg. Un compromesso che – confermano fonti europee – sembra più morbido rispetto alla proposta statunitense. All’interno di questo quadro la Cina viene definita “rivale” solo in merito ai diritti umani, con riferimenti alla denuncia del lavoro forzato imposto alla minoranza musulmana degli Uiguri nello Xinjiang. Ma, come anticipato da Stoltenberg, non è un nemico a tutto tondo. Sul tema del clima ad esempio si parla di cooperazione, mentre in merito al piano economico-commerciale si parla di concorrenza (alla quale si cercherà di rispondere con un piano alternativo alla via della Seta). Al momento, dunque, si parla di un confronto acceso in tema di democrazia-autocrazia, come ribadito, tra gli altri, anche dal presidente francese Emmanuel Macron al termine del summit: il G7 “non è un club ostile alla Cina“, ma è un “insieme di democrazie” che vogliono “lavorare con la Cina su tutti i dossier mondiali“, malgrado le differenze. La domanda è: dove porterà questo timido ma teso punto di partenza?
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