Esenzione e sconti per l’Imu non sono uguali per tutti: le regole cambiano per divorziati, separati e per i conti tra padri e figli.
Il pagamento della tassa sugli immobili, chiamata Imu, non è uguale per tutti. Le regole cambiano in base al tipo di casa, e anche rispetto al rapporto che intercorre tra i proprietari delle mura. Per i divorziati e i separati, per esempio, la norma cambia. Vediamo di seguito come, considerato anche il fatto che il pagamento della prima rata scade il prossimo 16 giugno.
L’Imu non si paga sull’abitazione principale e sulle relative pertinenze, ma solo nei limiti di una per ciascuna categoria, C/2 (cantina, soffitta o locale di sgombero), C/6 (box o posto auto), C/7 (tettoia).. Gli immobili categorizzati come “abitazioni principali” devono essere costituiti da un’unica unità immobiliare ad uso abitativo classificata nel gruppo catastale A. E chiaramente devono essere abitati dal contribuente e dal suo nucleo familiare, in cui risiedono anagraficamente. Il pagamento della tassa sugli immobili, tuttavia, va pagata in caso di case di maggior pregio, cioè quelle che corrispondono alle categorie A/1 (immobili signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi).
La situazione cambia ulteriormente se il contribuente usa come abitazione principale due appartamenti adiacenti ma accatastati separatamente. In quel caso il cittadino dovrà scegliere a quale dei due applicare l’esenzione per l’abitazione principale, e solo su quella non pagherà l’Imu. Se invece i componenti del nucleo familiare hanno la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi, ma situati nello stesso Comune, l’esenzione per l’abitazione principale e le pertinenze si applica per uno solo dei due immobili e quindi l’esenzione spetta solo a uno dei coniugi. Infine, la faccenda si complica se gli immobili destinati ad abitazione principale sono ubicati in comuni diversi. In questo frangente potrebbero verificarsi contestazioni da parte dei Comuni sulla spettanza dell’esenzione.
In caso di divorzio, l’Imu non si paga. O meglio l’esenzione è valida se il coniuge dimora abitualmente e risiede anagraficamente nella seconda casa in questione, oppure se le è stata assegnata con un provvedimento del giudice. Così come resta valida se le unità immobiliari di proprietà delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, sono adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari o destinate a studenti che siano soci assegnatari, a prescindere da dove essi abbiano la residenza. E se gli alloggi sono stati regolarmente assegnati dagli Iacp e i fabbricati di civile abitazione destinati agli alloggi sociali, oppure se sono abitati da appartenenti a Forze armate, Polizia, Vigili del fuoco o alla carriera prefettizia, anche quando gli agenti risiedono altrove.
In più, l’abitazione principale può essere assimilata dai comuni all’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti già affittata. La tassa sugli immobili viene invece ridotta del 50 per cento se l’abitazione è posseduta dai cittadini italiani non residenti nello Stato, ad esempio i titolari di pensione estera in regime di convenzione internazionale con l’Italia, purché la casa non sia affittata o data in comodato d’uso.
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La riduzione dell’Imu al 50 per cento vale anche per gli immobili dati in comodato gratuito a un figlio o un genitore, ma solo in presenza di requisiti molto stringenti. Lo sconto non è previsto per altri legami di parentela. Di seguito le condizioni per lo sconto: chi riceve il comodato deve risiedere anagraficamente e dimorare abitualmente nello stesso Comune in cui si trova la casa data in comodato e può possedere solamente un altro immobile abitativo nello stesso Comune, adibito ad abitazione principale. Oltre a questi, non può possedere nessun altro immobile abitativo in Italia. L’immobile in questione non deve appartenere alle categorie A1, A8 o A9. Chi fa il comodato deve adibire l’immobile ad abitazione principale, stabilendovi residenza anagrafica e dimora abituale. Infine, il contratto di comodato deve essere registrato pagando l’imposta di registro di 200 euro.
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Il calcolo dell’Imu è sempre uguale. La rendita catastale – reperibile nel rogito, in una visura catastale recente, nel quadro RB di Redditi PF o nel quadro B del 730 – attribuita all’immobile al primo gennaio dell’anno in corso va rivalutata del 5 per cento. Poi il numero ottenuto va moltiplicato per un coefficiente a seconda della tipologia dell’immobile: ad esempio per le abitazioni ancora soggette e relative pertinenze il coefficiente è di 160; per gli uffici è 80 e per i negozi 55.
Il coefficiente va dimezzato nel caso di fabbricati dichiarati inagibili, inabitabili e non utilizzati o per quelli di interesse storico e artistico. Per quanto riguarda invece i terreni, si considera il reddito dominicale rivalutato del 25 per cento e moltiplicato per 135. L’acconto si calcola sulle aliquote dell’anno precedente. Il conguaglio si effettuerà con il saldo del 16 dicembre e sarà pari all’imposta dovuta per l’intero anno 2021, meno l’importo corrisposto a giugno.
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