Caso Yara, Massimo Bossetti denuncia i magistrati per depistaggio. La Procura di Bergamo si difende: “Falso e calunnia”. Per la difesa “Massimo Bossetti è innocente, una persona ingiustamente condannata”.
Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio della 13enne Yara Gambirasio, ha denunciato i magistrati di Bergamo per depistaggio e frode processuale. La difesa dell’uomo ha presentato la denuncia “modello 21” (e dunque recante i nomi degli indagati) alla Procura di Venezia, titolare dei fascicoli che riguardano i magistrati orobici, nella quale viene spiegato come i pm abbiano occultato deliberatamente 54 provette contenenti il Dna – elemento che è costato l’ergastolo all’imputato.
“Massimo Bossetti è innocente, ora ne ho la certezza”
La denuncia presentata dalla difesa di Bossetti parla di presunte anomalie sui campioni di Dna e sui reperti analizzati per decretare la condanna, e ai quali l’uomo avrebbe chiesto più volte di accedere. Mesi fa, non a caso, era stata già presentata una denuncia contro il personale del Ris per omissione in atto d’ufficio, dato che non erano stati forniti agli avvocati i file con le foto in alta risoluzione dei reperti (compresi quelli relativi ai leggings e gli slip della vittima dai quali è stato estrapolato il Dna dell’uomo).
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La Cassazione aveva già dato tre volte ragione a Bossetti, imponendo ai giudici bergamaschi di mettere a disposizione dei difensori i reperti in questione. Tuttavia, il 3 giugno scorso la Corte d’Assise di Bergamo ha respinto ancora una volta la richiesta dei legali, che non possono nemmeno effettuarne la ricognizione. La difesa aveva avanzato l’istanza in vista di una possibile revisione della sentenza.
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Il difensore Claudio Salvagni, in un post su Facebook, si è scagliato contro il sistema giudiziario e ha già anunciato il quarto ricorso in Cassazione. “Massimo Bossetti è innocente, ora ne ho la certezza. Il non risultato ottenuto con la nuova pronuncia della Assise di Bergamo ne è la dimostrazione. Bossetti è al pari di tanti altri una persona ingiustamente condannata, vittima di un sistema sordo e cieco. Solo che a lui non è mai stata data neppure la possibilità di dimostrarlo”, scrive l’avvocato sui social. La Procura, però, parla di “falso” e “calunnia”. A decidere, ora, saranno i giudici di Venezia, ai quali è già pervenuta la trasmissione degli atti per le “opportune valutazioni”.