L’ex-terrorista rosso arrestato lo scorso anno, lancia la sua accusa nei confronti della giustizia italiana e lamenta condizioni inumane della sua detenzione. “L’Italia ha mentito garantendo un trattamento umano”, dice. Ecco il suo appello.
Cesare Battisti lancia un lungo “Appello alla Giustizia” dal carcere di Rossano Calabro, dove è detenuto da quasi un anno in regime di Alta sicurezza (AS2) e da dove attendeva la decisione del Dap sulla sua istanza di trasferimento, presentata dai suoi legali, Gianfranco Sollai e Davide Steccanella, all’indomani dell’arrivo in Calabria. Istanza rigettata nei giorni scorsi e per la quale l’ex-membro dei PAC (Proletari Armati per il Comunismo) ha iniziato lo sciopero della fame e interrotto le terapie cui si sottopone per problemi di salute.
Nella sua lettera-appello inviata tramite gli avvocati, Battisti parte dalle motivazioni che hanno spinto il Dap a non concedere il suo trasferimento: il regime di Alta sicurezza legato alla tipologia di reato commesso è un percorso che, secondo il Dap è comunque teso alla rieducazione e al reinserimento del condannato. Tesi che Battisti contesta, ricordando di “aver trascorso 40 anni in esilio, conducendo una vita di cittadino contribuente perfettamente integrato nella società civile, con incessante attività professionale, pacifico coinvolgimento nell’iniziativa culturale e nel volontariato, ovunque mi è stato offerto rifugio“.
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Battisti sottolinea inoltre di essere “l‘unico detenuto non legato al terrorismo islamico” e di vivere in isolamento da oltre 27 mesi, “dei quali gli ultimi 8 senza mai espormi alla luce solare diretta“. Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, continua nella lettera, “ignora deliberatamente o sembra interpretare in modo singolare la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Milano, confermata in Cassazione nel novembre 2019, la quale stabilisce che il sottoscritto deve scontare la pena in un carcere con regime ordinario. In nessun caso il reparto di Alta Sicurezza di Rossano potrebbe garantire un trattamento ordinario, giacché non è questa la sua funzione“.
“L’As2 di Rossano è una tomba, lo sanno tutti – aggiunge ancora l’ex-terrorista -. E’ l’unico reparto sprovvisto persino di mattonelle e servizi igienici decenti, dove nessun operatore sociale mette piede. Il famigerato portone ‘Antro Isis’ è tabù perfino per il cappellano, che finora ha regolarmente ignorato le mie richieste di colloquio. Qui tutto è predisposto per tenere a bada dei ferventi musulmani, ai quali, se pure in condizioni esecrabili, è stato concesso il diritto di pregare insieme“.
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“Avevo riposto speranze in quest’ultima istanza di trasferimento, immaginando che, dopo oltre due anni in condizioni estreme, le autorità non infierissero oltre, considerata la mia età e il mio precario stato di salute. Ma anche e soprattutto per aver mostrato grande disponibilità alla riconciliazione con quei settori della società che più hanno sofferto le conseguenze della lotta armata degli anni ’70, con particolare riferimento alle famiglie delle vittime”.
Battisti infine accusa il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di non tener conto “del grande disagio dovuto alla distanza che separa il condannato dai suoi affetti” e di trattare il suo caso con un carattere sanzionatorio della pena e non, come prevede la Costituzione, recuperatorio. “Le cose – conclude- non sono mai quelle che sembrano secondo i media. La questione dei rifugiati in Francia è una farsa, così come è reale l’intenzione dello Stato di negarmi i diritti stabiliti fino alla fine. L’Italia ha mentito garantendo un trattamento umano a clemenza. Lo provano le condizioni della prigionia di Cesare Battisti. L’opposto di quello che dovrebbero aspettarsi veramente i rifugiati che, dalla Francia, arrivano in Italia“.
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