In merito alla condivisione dei dati sulla vaccinazione, nel contesto lavorativo e nell’ambito dell’emergenza sanitaria, si è espresso il Garante della Privacy. Che un dipendente sia vaccinato o meno non è affare dell’azienda.
La condivisione o meno delle informazioni sulle vaccinazioni è un argomento che rimane ancora piuttosto controverso. Per fugare quanto più possibile i dubbi dei cittadini e dei lavoratori, il Garante della Privacy ha pubblicato una serie di indicazioni utili a fare chiarezza sul tema. Questo poiché i dati sanitari rientrano tra le “categorie particolari di dati personali” e vanno perciò tutelati in termini di privacy. Il legislatore europeo ha perciò realizzato una serie di FAQ in merito al Trattamento dati nel contesto sanitario nell’ambito dell’emergenza sanitaria e del Trattamento dei dati nel contesto lavorativo pubblico e privato nell’ambito dell’emergenza sanitaria.
In merito alla condivisione delle informazioni in merito allo stato vaccinale dei dipendenti sul posto di lavoro, si è dunque espresso chiaramente il Garante della Privacy attraverso tutta una serie di domande e risposte. In breve, secondo quanto viene riferito dallo stesso, il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione, né di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale e nemmeno un’eventuale copia di documenti che comprovino l’avvenuta somministrazione.
“Il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo” si legge infatti nella nota ufficiale pubblicata dal Garante.
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E se il datore non può accedere a simili informazioni tramite gli stessi lavoratori, non può accedervi nemmeno tramite medico competente. Infatti, all’azienda non è permesso ottenere l’elenco dei vaccinati, dato che – spiega ancora la pubblicazione del Garante – “il medico competente non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati. Solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica”.
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Altro nodo sciolto riguarda la vaccinazione come requisito di accesso al luogo di lavoro. In questo caso, “solo il medico competente nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica”. Al datore di lavoro rimane dunque soltanto da attuare le eventuali misure indicate dal medico nel caso in cui il lavoratore risulterà parzialmente o temporaneamente non indoeno a svolgere le sue mansioni.
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