Saman Abbas è stata strangolata dallo zio Danish Hasnain: la conferma arriva dalla versione rilasciata agli inquirenti dal fratello sedicenne. È l’unico della famiglia ad essere rimasto in Italia ed attualmente si trova in un centro di protezione. I genitori sono fuggiti in Pakistan, mentre l’esecutore materiale dell’omicidio è attualmente ricercato in tutta Europa.
“Ora andate a casa, ora ci penso io”. Queste le parole pronunciate da Danish Hasnain prima di uccidere la nipote Saman Abbas e occultarne il cadavere. L’uomo sarebbe stato contattato dai genitori della giovane di origini pakistane, i quali si erano rivolti a lui al fine di rimetterla in riga. La diciottenne, infatti, aveva rifiutato un matrimonio combinato in patria con un cugino e aveva denunciato Shabbar, 46 anni, e Nazia Shaheen, 47, ai servizi sociali. A seguito della segnalazione era stata condotta in un centro di protezione a Bologna, ma ciò non era stato sufficiente a salvarle la vita. A fine aprile, infatti, era tornata a casa dalla famiglia. La notte tra il 30 aprile e il 1° maggio, infine, l’uccisione. A raccontare ai Carabinieri gli ultimi istanti di vita della vittima è stato il fratello sedicenne. È l’unico ad essere rimasto in Italia, dato che le forze dell’ordine lo hanno scoperto mentre tentava la fuga nei giorni successivi al ritorno in Pakistan dei genitori. Adesso si trova in una struttura protetta e sta collaborando con i magistrati.
Danish Hasnain, il trentatreenne accusato dalla Procura di avere ucciso Saman Abbas, è freddo e spietato. Un profilo che viene ricostruito tramite i racconti del fratello della vittima. Il sedicenne era in casa nel momento in cui lo zio ha annunciato ai genitori di avere ucciso la diciottenne. L’ipotesi più plausibile è che la abbia strangolata, dato che quando è rientrato in casa non aveva nulla in mano. Il padre Shabbar, come ha raccontato il sedicenne agli inquirenti in base ai verbali resi noti nell’edizione odierna della Gazzetta di Brescia, si è sentito male. Nessuno, tuttavia, poteva concedersi pentimenti. L’uomo, infatti, sarebbe stato capace di sterminare tutta la famiglia, che nutriva grande timore nei suoi confronti. Proprio a lui, tuttavia, si erano rivolti al fine di convincere la ragazza ad accettare il matrimonio combinato. Lei, però, era «cocciuta e grintosa», come rivelano gli assistenti sociali.
Poche ore dopo l’omicidio Shabbar e Nazia Shaheen fuggono in Pakistan. A Novellara, nella casa vicina alla azienda agricola in cui la famiglia lavorava, restano per qualche giorno il figlio minorenne e lo zio Danish Hasnain. Il tempo di progettare la fuga, probabilmente in un altro paese in Europa. Il sedicenne verrà individuato e bloccato dai Carabinieri ad Imperia, mentre l’esecutore materiale del delitto riuscirà a scappare. Attualmente è ancora ricercato. In quei giorni, ad ogni modo, il fratello di Saman Abbas manifesta la propria disperazione. Lo zio da un lato lo rincuora, dall’altro lo minaccia. Nel caso in cui avesse detto la verità ai Carabinieri, infatti, avrebbe ucciso anche lui. Inoltre, nonostante le numerose richieste, non rivela al giovane – che avrebbe voluto darle un ultimo saluto prima di partire – dove si trova il cadavere della sorella. Soltanto il trentatreenne e i cugini della vittima (nei confronti di uno dei quali si attende l’estradizione dalla Francia), che lo hanno seppellito come si vede in un video in cui vengono immortalati con pale e secchio, potranno rivelare questo dettaglio.
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Ulteriori tasselli utili a ricostruire gli ultimi momenti di Saman Abbas arrivano dal fidanzato. Un diciannovenne di origini pakistane da tempo residente nella provincia di Reggio Emilia. I due avrebbero chattato poco prima della sua morte. La ragazza avrebbe utilizzato di nascosto il telefono della madre. In base alle testimonianze del giovane, proprio in quegli ultimi messaggi, gli avrebbe rivelato di avere ascoltato i genitori mentre stavano organizzando il suo omicidio. Avrebbe chiesto spiegazioni alla madre Nazia, la quale però ovviamente avrebbe negato. «Non sono fiduciosa», «Se non mi senti per 48 ore avverti le forze dell’ordine». Queste le ultime parole. Anche il giovane era stato minacciato nelle settimane precedenti. Le intimidazioni sarebbero arrivate persino ai suoi familiari in Pakistan.
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