Secondo gli inquirenti, Castellucci aveva chiaro il quadro della situazione e sapeva che la tenuta del ponte era in pericolo
Secondo quanto riportano alcuni giornali, nel corso di un incontro riservato risalente al novembre 2010, l’amministratore delegato di Autostrade dell’epoca, Giovanni Castellucci, diceva che l’unico modo per mettere in sicurezza il ponte Morandi era quello di accelerare il restyling ai tiranti del pilone 9, poi crollato. L’operazione fu rinviata ogni anni e quando si decise di intervenire fu troppo tardi, perché il ponte crollò il 14 agosto 2018.
In un rapporto trasmesso in Procura, i Finanzieri hanno scritto:«Il 10 novembre 2010 alle 15.30, nella sede centrale di Autostrade per l’Italia in Roma, via Alberto Bergamini 50 veniva convocato il Comitato completamento lavori, per discutere l’ordine del giorno sul punto “Informativa sul viadotto Polcevera”. Su invito dell’amministratore delegato Castellucci prende la parola Gennarino Tozzi, ingegnere. Tozzi conosce bene il viadotto, spiega che si tratta di un’infrastruttura particolarissima, è l’unica opera ‘strallata’, cioè con i cavi dei tiranti annegati nel calcestruzzo, quindi invisibili dall’esterno».
L’uomo dichiara che «lo stato di conservazione evidenzia problemi strutturali». Arriva Castellucci, scrivono ancora le Fiamme Gialle, «il quale fa presente che “la decisione risolutiva sarebbe quella di anticipare gli interventi di rinforzo strutturale degli stralli dei residui sistemi bilanciati” (i piloni 10 e 9, che non furono oggetto delle migliorie compiute nel 1993)».
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Per gli inquirenti, in breve, Castellucci aveva tutto ben chiaro e sapeva già nel 2010 che era in pericolo la tenuta del ponte. Egli stesso disse che l’unico modo per scongiurare eventi nefasti era rinforzare i tiranti e non si poteva attendere oltre il 2012. Sempre dal verbale, si legge che Castellucci spiega la complessiva messa in sicurezza dell’opera fa parte di un “piano accelerato“, ossia un intervento da effettuare «con procedura immediata».