Marco Zennaro, un imprenditore veneto, si trova in carcere in Sudan da aprile per motivi ignoti. L’uomo si era recato nel Paese per la risoluzione di una banale disputa commerciale, ma la questione adesso sembra molto più ampia. I carcerieri lanciano minacciose allusioni al connazionale Giulio Regeni. In Italia, intanto, inizia a muoversi la politica. La Farnesina, infatti, ha inviato un funzionario a Karthoum.
Dallo scorso 1° aprile Marco Zennaro è rinchiuso in un carcere in Sudan. L’imprenditore veneto è stato arrestato a seguito di una disputa commerciale, che sembrava essere stata risolta con un esborso economico. Così, tuttavia, non è stato. Seppure il procuratore generale di Karthum pochi giorni fa abbia disposto la liberazione, infatti, l’amministratore unico dell’impresa Zennaro Trafo, infatti, si trova ancora in cella. Né l’imputato né il suo team di legali conosce il motivo. Nessuna accusa è stata formalmente presentata. La questione, tuttavia, sembra ben più ampia nonché pericolosa. Sarebbero coinvolti uomini potenti con interessi importanti. I carcerieri, intanto, lanciano minacciose allusioni al caso relativo alla morte del connazionale Giulio Regeni. Il ministro degli Esteri si è dunque mosso per tentare di risolvere la questione al più presto. Lunedì un funzionario della Farnesina arriverà nel Paese.
L’imprenditore veneto si era recato nel Paese per risolvere una grana relativa alla sua impresa, la Zennaro Trafo. In particolare, aveva venduto una partita di trasformatori elettrici ad una controparte locale, il cui intermediario era Ayman Gallabi. La merce era stata ritenuta non conforme al contratto. Da lì era scattata la denuncia per frode. Marco Zennaro era dunque partito dall’Italia per risolvere direttamente la questione. Inizialmente essa sembrava essersi risolta – seppure i test non rilevassero problemi – con il pagamento di 400 mila euro in cambio del ritiro della denuncia. Dopo essere stato liberato, tuttavia, all’amministratore unico è stato negato il ritorno in patria. È stato, dunque, portato in un carcere di Karthum. Qualche giorno fa il procuratore generale ha disposto la liberazione, dato che manca il capo d’accusa, ma quest’ultima non è mai avvenuta.
Dietro alla vicenda si nascondono gli interessi di uomini potenti locali. Il nuovo arresto sarebbe stato ordinato da Abdallah Ahamed, un uomo del generale Mohamed Hamdan Dagalo, vicepresidente del Consiglio militare di transizione dopo il colpo di stato sudanese del 2019. Egli sarebbe stato il vero acquirente della partita di trasformatori elettrici. L’intermediario Ayman Gallabi, intanto, è stato ritrovato morto annegato nel Nilo qualche settimana fa. Il cliente, in base alle indiscrezioni che trapelano sulla questione, avrebbe adesso richiesto altri 700 mila euro di risarcimento per dare il via libera alla liberazione di Marco Zennaro.
“È arrivata la sentenza, ho visto la libertà, e poi invece mi hanno portato dentro e sono ripiombato in questo incubo. Per favore portatemi a casa, venitemi a prendere”. Questo l’appello lanciato dall’imprenditore veneto attraverso i suoi legali. Si attende, quantomeno, che venga mossa una accusa formale oppure una nuova richiesta di risarcimento in modo da potersi difendere nelle sedi ufficiali. Intanto, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, i carcerieri di Marco Zennaro lanciano minacciose allusioni: “Regeni, Regeni, paga!“. Il timore è che la questione possa diventare ulteriormente pericolosa per il nostro connazionale.
La politica in Italia, intanto, ha iniziato a muoversi per la liberazione di Marzo Zennaro. Gli esponenti veneti della Lega, in tal senso hanno presentato a Luigi Di Maio un’interrogazione sulla vicenda, sottolineando il fatto che “l’imprenditore italiano continua ad essere detenuto in un carcere del Sudan in condizioni disumane e senza nemmeno una motivazione ufficiale“. Il governatore Luca Zaia, ha a tal proposito annunciato di avere avuto più interlocuzioni con il ministro degli Esteri e di averlo trovato “disponibile ed anche informato sul caso“. Dalla Farnesina sanno che la questione è più intricata del previsto. Lo ha evidenziato nei giorni scorsi anche Nicola Pellicani, deputato veneziano del Pd, vicino alla famiglia dell’arrestato. “Non siamo in presenza di una disputa commerciale ma di un vero sequestro di persona, che chiama in causa anche il rispetto dei diritti umani“, ha detto.
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Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha dunque mandato a Karthum un funzionario della Farnesina. Si tratta di Luigi Vignali, direttore generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie. Quest’ultimo “incontrerà rappresentanti delle autorità locali, effettuerà un’ulteriore visita consolare al connazionale e incontrerà i suoi familiari e il suo legale presenti in Sudan“. L’obiettivo dichiarato è di “sensibilizzare le competenti autorità sudanesi sulla necessità di una rapida definizione della posizione del cittadino italiano e richiedere la loro collaborazione nel miglioramento delle condizioni di detenzione, nell’attesa di una auspicabilmente rapida conclusione della vicenda“.
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