47 gli imputati per associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, all’omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, al danneggiamento aggravato di beni pubblici, al getto e sversamento di sostanze pericolose, all’inquinamento atmosferico
E’ stata rinviata a lunedì mattina alle 10 l’attesa lettura della sentenza nell’aula magna della Scuola sottoufficiali della Marina militare di Taranto, del processo Ambiente Svenduto, che si è tenuto per cinque anni davanti alla Corte di Assise del tribunale del capoluogo jonico. Al centro dell’inchiesta il pesante inquinamento che nel corso degli anni della gestione del gruppo Riva sarebbe stato provocato dallo stabilimento siderurgico Ilva, oggi Acciaierie d’Italia.
Nel processo sono imputate 44 persone fisiche e tre società del gruppo Riva (Ilva, Riva Fire, che dal dicembre 2016 si chiama Partecipazioni Industriali, e Riva forni elettrici). L’accusa è di associazione a delinquere finalizzata, a vario titolo, al disastro ambientale colposo e doloso, all’avvelenamento di sostanze alimentari, all’omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, al danneggiamento aggravato di beni pubblici, al getto e sversamento di sostanze pericolose, all’inquinamento atmosferico. Sotto accusa (con ipotesi di reato di corruzione, falso e abuso di ufficio) anche i presunti tentativi effettuati per ammorbidire i controlli o falsarne i risultati.
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Nel processo sono confluiti anche due morti sul lavoro (ipotesi di omicidio colposo). Sono circa 900 le parti civili. L’ufficio della Procura ha chiesto la condanna di Fabio Riva e di Luigi Capogrosso, ex direttore della fabbrica a una pena di 28 anni ciascuno. Per Nicola Riva, fratello di Fabio, la pena richiesta è di 25 anni. Fabio e Nicola, che hanno ricoperto cariche societarie di vertice, sono i figli del patron storico dell’Ilva, Emilio Riva, scomparso nel 2014 poco prima dell’inizio del processo. Anche lui era coinvolto nell’inchiesta. Inoltre per l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola è stata chiesta una condanna a 5 anni.
Durissime anche le altre richieste di pena: 28 anni per Girolamo Archinà, factotum e uomo delle relazioni istituzionali dell’azienda; 20 anni per Adolfo Buffo, ex direttore dello stabilimento; 20 anni ciascuno per Lanfranco Legnani, Giovanni Rabaioli, Agostino Pastorino, Alfredo Ceriani, Enrico Bessone, all’epoca dei fatti dirigenti e responsabili di varie aree strategiche del siderurgico; 17 anni per l’ex prefetto di Milano Bruno Ferrante, per un breve periodo presidente dell’Ilva; 17 anni per l’ex consulente della Procura Lorenzo Liberti; 7 anni per l’avvocato Franco Perli; consulente legale dei Riva; 4 anni a testa per l’ex presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido e per l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva; 1 anno per l’ex direttore di Arpa Puglia Giorgio Assennato; 8 mesi per l’assessore regionale Donato Pentassuglia.
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La Procura ha chiesto la confisca degli impianti dell’ex Ilvasequestrati il 25 luglio 2012 e la confisca di 2 miliardi e 100 milioni quale equivalente di illecito profitto delle tre società coinvolte. La Corte di Assise è presieduta da Stefania D’Errico, giudice a latere Fulvia Misserini.