L’Italia ha violato i diritti di una “presunta vittima di stupro” con una sentenza che contiene “dei commenti ingiustificati”.
Commenti ingiustificati e un linguaggio che veicola i pregiudizi sul ruolo delle donne. Così è scritto sulla documentazione diffusa oggi – giovedì 27 maggio – dalla Corte europea dei diritti umani. Strasburgo ha condannato l’Italia per aver violato i diritti di una “presunta vittima di stupro” con una sentenza che espone “dei passaggi che non hanno rispettato la sua vita privata e intima”, “dei commenti ingiustificati” e un “linguaggio e argomenti che veicolano i pregiudizi sul ruolo delle donne che esistono nella società italiana”, è scritto nella documentazione diffusa dalla Corte.
Il riferimento è a una sentenza della Corte d’appello di Firenze, risalente al 2015, con cui vennero assolti i sette imputati accusati di uno stupro di gruppo, avvenuto nel 2008, nella Fortezza da Basso. In quell’anno la Corte d’appello di Firenze ribaltò la sentenza di primo grado, del 2013, che condannava sei dei sette accusati a 4 anni e 6 mesi di reclusione. In primo grado i sei furono condannati per violenza sessuale di gruppo aggravata per il fatto che la vittima era ubriaca: i violentatori avevano approfittato delle sue “condizioni di inferiorità fisiche e psichiche” causate dall’alcol. Ma in Corte d’appello la colpa diventò della ragazza, giudicata moralmente per le sue abitudini. Etichettata con quei “commenti ingiustificati” per cui l’Europa ora condanna il nostro Paese.
Nonostante la sentenza della Corte d’appello, la presunta vittima della violenza decise di ricorrere alla Corte di Strasburgo: ha chiesto che si esprimesse sul contenuto della sentenza, in cui veniva violata la sua vita privata e veniva per questa discriminata. E la Corte oggi le ha dato ragione, oltre a un risarcimento per danni morali di 12 mila euro. Si è detta soddisfatta l’avvocato Titti Carrano, legale della presunta vittima dello stupro di gruppo della Fortezza da Basso.
“La sentenza della Corte d’appello di Firenze ha riproposto stereotipi di genere, minimizzando così la violenza, e ha rivittimizzato la ricorrente, usando anche un linguaggio colpevolizzante. Purtroppo, questo non è l’unico caso in cui la non credibilità della donna si basa sulla vivisezione della sua vita personale, sessuale. Questo succede spesso nei tribunali civili e penali italiani”, ha detto Carrano. E ha concluso: “Per questo mi auguro che il governo italiano accetti questa sentenza della Cedu e non ricorra in Grande Camera ma intervenga affinché ci sia una formazione obbligatoria dei professionisti della giustizia per evitare che si riproducano stereotipi sessisti nelle sentenze”.
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La condanna all’Italia per pregiudizi sulle donne arriva in un momento in cui la questione è al centro del dibattito pubblico. Balza subito alla mente quel video in cui un paonazzo Beppe Grillo, garante del Movimento 5 stelle, scredita la denuncia della ragazza che avrebbe subito uno stupro da suo figlio, Ciro Grillo, e altri tre suoi amici, perché fatta otto giorni dopo il fatto. Un retaggio culturale di altre epoche e che però, inspiegabilmente, riesce a resistere in Italia.
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E questa è solo il caso più somigliante alla vicenda della Fortezza. Purtroppo in Italia gli episodi di disparità di genere sono più che frequenti. Sono freschi degli ultimi giorni il commento del senatore della Lega Simone Pillon sull’iniziativa dell’Università di Bari per incentivare l’iscrizione femminile ai corsi di studio maggiormente frequentati dagli uomini: secondo il senatore, le donne non sarebbero naturalmente portate per le materie tecniche e scientifiche, quindi ogni tentativo sarebbe vano. E la vicenda di Aurore Leone, attrice comica del gruppo The Jackal, che è stata cacciata dalla partita del Cuore in quanto donna: le donne non giocano a calcio, ti abbiamo invitata come accompagnatrice, le hanno gentilmente spiegato durante la cena alla vigilia della partita. E in quanto tale, avrebbe dovuto anche cambiare tavolo.
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